Pubblichiamo ampi stralci del commento uscito sabato 14 agosto sulla prima pagina del quotidiano Milano Finanza: si tratta di una lucida analisi del ruolo di Luca Cordero di Montezemolo nello scenario politico che si va delineando. A firmarlo è Paolo Panerai, direttore ed editore del quotidiano, che vanta un’amicizia personale con l’ex presidente della Fiat.
di Paolo Panerai
Tre sigle fanno capo al presidente della Camera, Gianfranco Fini: la fondazione Fare futuro, il laboratorio politico-ideologico ma non solo; l’associazione Generazione Italia, che sta assumendo l’iniziativa promozionale con manifesti già usciti in Lombardia (...) e che potrebbe diventare il futuro partito; il gruppo parlamentare Futuro e libertà, per il quale è ancora incerta la sigla, se semplicemente Fl o Fli, raggruppamento dei parlamentari cacciati-usciti dal Pdl.
Italia Futura fa invece capo a Luca Cordero di Montezemolo. Una fondazione o think tank di stile americano, se non fosse che ormai le fondazioni nel mondo politico italiano sono inflazionate, spuntando come i funghi a favore o con riferimento anche a uomini politici non di primo piano, impegnati a mascherare con esse l e loro correnti o correntine.
Quindi, a parte la possibile confusione del nome con le sigle di Fini, la struttura predisposta da Montezemolo, chiaramente per essere pronto a mettere un piede nella politica, in ben poco si differenzia e si qualifica rispetto alle decine di altre che sono nate. (...)
Se poi, nel pieno della bagarre tra Fini e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Montezemolo dà il via a dichiarazioni della sua fondazione, di fatto di nessuna originalità e anzi allineate nella sostanza a quelle di Fini e della sinistra, viene ragionevole domandarsi in quale direzione egli voglia andare (...)
Sono amico di Luca da più di 30 anni e ho sempre ritenuto che la sua tentazione politica rimanesse tale almeno fino a quando sulla scena politica ci potrà essere Berlusconi, di cui egli conosce bene il livello di popolarità e di capacità di comunicazione. Non c’è dubbio che anche la popolarità di Montezemolo sia alta, non solo per la sua costante associazione al marchio Ferrari, ma per un ben gestito atteggiamento di apertura e cortesia verso tutti. (...)
Ma Luca sa benissimo, appunto, che la popolarità del Cavaliere è superiore e che razionalmente per lui potrà avere senso scendere in politica quando Berlusconi, che ha dieci anni più di lui, o sarà diventato presidente della Repubblica o avrà deciso di tornare a godersi le sue ricchezze e i suoi agi.
Che senso allora ha far uscire nel pieno della discussione un commento che è stato già fatto, e con obiettivi ben chiari, da Fini, da Pierferdinando Casini, dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, e da altre decine di politici dell’opposizione?
Alcune settimane fa, Luigi Abete, un buon amico di Montezemolo, suo grande elettore per la presidenza della Confindustria, lo ha pubblicamente consigliato di non fare mai l’ultimo passo verso la politica. (...)
Probabilmente, liberatosi deliberatamente del peso della posizione in Fiat, Montezemolo potrebbe aver deciso di anticipare i tempi. Ma allora che faccia, glielo suggerisco anche da amico, interventi meno banali e per certi aspetti anche poco gradevoli, visto che ha criticato solo Berlusconi, il quale verso di lui ha avuto sempre grande stima fino al punto da offrirgli nel tempo più ministeri, senza minimamente esaminare l’atteggiamento irrituale e quindi fuori delle regole di Fini.
Vuol dire allora che si schiererà, al momento delle elezioni, con Fini?
Anche questa scelta gli verrebbe sconsigliata da tutti gli amici più sinceri. Se ha un pregio (e in realtà ne ha diversi), Montezemolo non è un politico di professione; non ha bisogno dello stipendio della politica per campare; è, se il termine può valere ancora, espressione della cosiddetta società civile; che bisogno avrebbe di confondersi con chi è politico a tempo pieno da quando aveva 23 anni (e oggi ne ha 58), cioè da quando si presentò a Roma, a Giuseppe Ciarrapico, al Secolo d’Italia, per cominciare una carriera politica interminabile, mentre passava dalla facoltà di magistero a quella di lettere moderne?
E poi Montezemolo non ha proprio niente da osservare sul comportamento di Fini, che da terza carica dello Stato, durante il congresso del Pdl, assunse un atteggiamento che neppure i suoi amici camerati, come Arturo Michelini o Giulio Caradonna, si erano sognati di avere negli scontri epici in Parlamento contro i due fratelli Pajetta?
Le difficoltà di parola di Umberto Bossi sono conosciute da tutti, ma quando, in una recente dichiarazione in Riviera ligure, ha parlato di Fini ha detto qualcosa di assolutamente vero: quando Fini si è alzato di scatto dalla prima fila del congresso Pdl e con il dito alzato, la faccia paonazza, è andato sotto il palco da dove parlava Berlusconi, minacciando il capo del partito da lui cofondato, era da espellere seduta stante. «Berlusconi è stato troppo buono», ha commentato Bossi, senza neppure aver bisogno di sottolineare che anche nel corso del congresso di partito Fini continuava a essere la terza carica dello Stato. (...)
Senza considerare quanto ha detto poi e quanto ha fatto di materiale per creare il suo gruppo parlamentare.
Domanda per Montezemolo: caro Luca, nel tuo sacrosanto diritto di criticare Berlusconi, non ti è mai parso necessario stigmatizzare il comportamento di Fini? O ti piacciono come politici e alleati chi vuole tutti i diritti e il rispetto della terza carica dello Stato e poi si comporta come l’ultimo dei peones in cerca di popolarità?
E ciò senza neppure entrare per un attimo nel merito della casa di Montecarlo e delle prove a raffica che Vittorio Feltri sta offrendo su Il Giornale a proposito della partecipazione più che attiva all’acquisto e all’arredamento dell’appartamento di Montecarlo ricevuto in eredità da An?
Si sente dire che di ben altre colpe, con prova, sono accusati i nemici di Fini. Non vi è dubbio che l’affarismo è uno dei mali della politica. Ma nel caso dell’appartamento di Montecarlo c’è qualcosa di più, anche se il comportamento di Fini si rivelasse non contro la legge (ma le società offshore lo sono): ci si trova di fronte a un abuso politico che tradisce in maniera clamorosa la fede politica di una nobildonna, che ha lasciato tutto ad An.
Un abuso che al limite è assai più grave, proprio perché tradisce la fede di una militante, rispetto agli abusi e agli intrallazzi di alcuni politici del Pdl che hanno cercato di lucrare grazie alla loro posizione. Per questi, sarà necessaria la conferma delle accuse e dei sospetti in un processo penale; per il gesto di Fini non c’è bisogno di processo, tale e tanto grave è sul piano morale comunque il gesto di avere, non importa il modo, favorito un semiparente con un bene del partito.
E poi, suvvia, quella dichiarazione di aver scoperto solo recentemente che l’appartamento era occupato dal semicognato Giancarlo Tulliani. Non ti pare, caro Luca, che se vuoi, come hai voluto, far sentire la tua voce critica verso Berlusconi avresti dovuto tenere un comportamento critico, fortemente critico, nei confronti di chi se ne frega della carica che ricopre nelle istituzioni e se ne frega della volontà di una nobildonna che per fede politica ha lasciato tutto nelle sue mani?
Ma non sei stato l’unico in questi giorni a fare un salto nettamente all’opposizione, tradendo il convincimento di equilibrio e di intelligenza che nutrono verso di te molti amici e molti italiani. Hai detto che Berlusconi ha fallito nel suo obiettivo, ma tu stesso, prima di partire, ti dimentichi che in primo luogo, casomai, la gente si aspetta da te equilibrio e capacità di critica verso chi sbaglia. Altrimenti, ti confondi con Fini, non solo per il nome delle rispettive fondazioni.
Certo, potresti giustificarti dicendo che la prima carica dello Stato, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un certo senso ha fatto ben di peggio, concedendo un’intervista all'Unità, cioè a un giornale dichiaratamente schierato.
Sarà stata la nostalgia dei decenni passati nel Pci, quando l'Unità diffondeva centinaia di migliaia di copie grazie anche all’azione porta a porta dei militanti. Saranno state le provocazioni di Bossi e di Berlusconi, che non hanno mancato di ricordare come Napolitano (...) sia pur sempre un ex militante comunista. Sta di fatto che l’intervista all'Unità è una clamorosa gaffe per tre motivi: il primo, di aver scelto un giornale schierato piuttosto che uno sostanzialmente indipendente come il Corriere della Sera o Il Resto del Carlino o La Nazione.
Il secondo motivo: non una parola di richiamo a Fini per i suoi doveri di terza carica dello Stato; avrebbe potuto dirlo con eleganza ricordando il comportamento tenuto nel passato dalla Jotti o da Bertinotti, appartenenti al suo stesso schieramento, e mai artefici di attività politica e partitica diretta fino a quando sono stati i garanti delle regole nel principale ramo del Parlamento.
E il terzo motivo della gaffe, l’aver voluto mettere le mani avanti, sostenendo che qualora ci fosse una crisi in Parlamento, egli si comporterebbe secondo la Costituzione, ignorando completamente la cosiddetta costituzione materiale. Quest’ultima si basa anche sul fondamento per cui, da più legislature (e in maniera assolutamente netta nelle recenti elezioni), gli schieramenti hanno indicato agli elettori il nome del primo ministro e gli elettori hanno votato non solo per quello schieramento ma per quel presidente del Consiglio.
Due caratteristiche che non dovranno mai far commettere al presidente Napolitano l’errore (voluto) del suo predecessore, Oscar Luigi Scalfaro, quando per il tradimento della Lega cadde il primo governo Berlusconi e fu cercata una nuova maggioranza in Parlamento (...).
Si dirà: l’attuale legge elettorale non è il massimo. Il presidente Napolitano ha tutti i diritti di non condividerla. Ma è stato lui a promulgarla. Bastava che si rifiutasse di firmare. Nel momento in cui l’ha fatta pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale ora non può contrastarla e quindi se è più che condivisibile il suo invito alla prudenza, alla moderazione, a far riflettere sui rischi di una crisi e di elezioni immediate, dall’altra non si può accettare come cittadini liberi che anch’egli, da arbitro, tenda a trasformarsi in dodicesimo giocatore in campo, per di più mettendosi la casacca di una squadra ben schierata a sinistra.
O si sta dimenticando che come capo dello Stato, lo è di tutti gli italiani, anche di coloro che interpretano la politica come espressione della democrazia e il voto come diritto-dovere indipendentemente dalla forza che scelgono?
Non gli piace lo stile di Berlusconi e Bossi? Si può capire.
Ma non si può condividere che, proprio lui, il garante della legalità e del rispetto delle istituzioni, usi parole solo a favore di chi, anch’esso, da garante, è diventato il più accanito e indisciplinato dei giocatori in campo.Forse, il presidente Napolitano non ha calcolato che così facendo non fa che aumentare i consensi verso Berlusconi e Bossi di tutti coloro che non amano l'estremismo e il non rispetto delle regole.
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