Caro sindaco, ti vorrei pronto ad andar via

(...) a Cerofolini. Forse perché è stato il sindaco della mia infanzia e della mia adolescenza. Forse. Ma forse anche perché era un sindaco che trovavi per la strada a guardare i cantieri, come i pensionati. Lo ritrovavi a scuola a parlarti della resistenza, lo vedevi passare con la macchina blu ed era la macchina del sindaco, la riconoscevi, la rispettavi. Fammi un favore, Sindaco che verrai, lascia stare biciclette ed auto elettriche, fanno tanto alla mano, tanto ecologista ma, credimi, l'abito forse non fa il monaco ma fa già il cinquanta per cento di un sindaco.
Caro Sindaco che verrai, vorrei che tu avessi le mani abbastanza libere da firmare ogni carta possibile per mandare in pensione i tanti che si sono aggrappati alle poltrone delle istituzioni cittadine. Sono aggrappati lì, come cozze agli scogli. E se li stacchi dallo scoglio vanno a fondo. Fallo, senza pietà. Genova ha bisogno di respirare e questi sono degli zombi che aspettano il colpo di grazia, non hanno più niente da dire: li trovi ovunque, lo sai bene.
Caro Sindaco che verrai, vorrei che tu non pagassi inutili consulenze per farti spiegare su cosa viaggiano le idee di oggi. Viaggiano su wi fi liberi, ovunque. Genova anche in questo è scollegata dal mondo.
Caro Sindaco che verrai, vorrei che tu andassi alla stazione Principe e ti chiedessi se è una stazione degna di una città. Punto. Senza aggiungere città capitale del mediterraneo, della cultura o di ogni altra inutile carica mai meritata. Dimmi se quella è una stazione. E non mi dire che è colpa delle ferrovie. Tu devi prenderli a calci in culo quelli delle ferrovie se lasciano una stazione in condizioni simili.
Caro Sindaco che verrai, vorrei che una volta tu andassi all'aeroporto Cristoforo Colombo e ti chiedessi perché il pullman c'è soltanto ogni ora e parte cinque minuti prima che atterri il volo. Vorrei che ti chiedessi perché i taxi costano 25 euro per portarti in centro. Ma soprattutto vorrei che ti chiedessi perché da Genova partono un decimo dei voli di Orio al Serio o di Pisa. Perché le compagnie low cost non riescono a fare di Genova uno snodo che dal nord Europa porti i turisti nei Caraibi del Mediterraneo.
Caro Sindaco che verrai, vorrei che tu passassi da quella che sarà casa tua per cinque anni: palazzo Tursi. Ecco, da lì guarda i vicoli. Sai quanto guadagna ognuna delle mignotte che hai davanti? Sai dove finiscono i soldi che mette in borsa? Sai perché le serrande chiudono? Sai perché la mafia possiede interi stabili a cento metri da Tursi? Caro Sindaco che verrai, ti prego non mi rispondere, come gli assessori oggi in carica, dicendomi che le mignotte fanno colore. Se vuoi ti racconto pure dello spaccio e della violenza di sangue e craniate che si consuma vicino a quella che sarà casa tua. Caro Sindaco che verrai, non ti immagino superman (o superwoman) ma ti immagino pronto a vedere e a testimoniare. Ti immagino tutti i giorni a passare in questi vicoli e tutti i giorni a tirar giù dal letto prefetto, questore, comandante dei carabinieri, polizia, finanza. Sei tu che rappresenti la città, per Dio, e 'sti signori devono togliersi il cappello e salire i gradoni di Tursi e spiegare perché Genova è abbandonata dallo Stato.
Caro Sindaco che verrai, sarai solo, questo già lo sai. Genova non ha una borghesia imprenditoriale orgogliosa della propria città. Quei genovesi di Genova se ne fregano. Genova non ha un'aristocrazia, e quella che c'è ti auguro di non incontrarla o penserai che il 1789 è passato invano. Sarai solo ma sarai pagato per questo. Per essere solo e per decidere. E quindi ti prego non raccontare che devi o che vuoi ascoltare la gente, basta con comitati di quartiere. Sei pagato per decidere e quindi prendi le tue decisioni e pensa non a ciò che piace al popolo ma a ciò che piacerà, a ciò servirà a riagganciare Genova al mondo, per farla essere produttiva e utile a qualcosa.
Caro Sindaco che verrai, dopo che avrai attraversato Genova con la scure e il bulldozer, dopo che non sarai sceso a patti con nessuna delle lobby locali, quando l'avrai metaforicamente spianata, ridotta a ground zero, prendi l'ascensore di Castelletto, appoggiati alla ringhiera, guardala a lungo Genova e poi chiudi gli occhi. Chi prima di te è salito fin qui per sognare Genova a volte l'ha fatta sublime, altre volte l'ha devastata. Avresti il coraggio di squartare il centro storico e immaginare una strada aurea, perfezione d'urbanistica, come chi ha saputo pensare Via Garibaldi o via San Lorenzo? Via Balbi è lì, nemmeno a metà compiuta: avresti il coraggio di affidare a Norman Foster, Renzo Piano, Mario Botta, Zaha Hadid i palazzi che mancano, quelli che separano l'Università dalla Stazione Principe? Sei pronto a immaginare, come Andrea Podestà che ti ha preceduto, una nuova circonvallazione? Questa volta non «a monte» ma «a mare». Vai a Lisbona o Porto, guarda come i tunnel scivolano sotto fiume e mare; immagina di raddoppiare la sopraelevata sotto il mare, immagina quella attuale farsi leggera, silenziosa e trasparente. Ruba ancora idee al resto dell'Europa, progetta battelli veloci che sappiano davvero essere una metropolitana sull'acqua. Esistono, credimi, esistono. Vuoi sognare ancora, sempre lì, dalla panchina di Castelletto: immagina una metropolitana da Nervi a Voltri, immagina che per ogni valle, a pettine, parta una linea che va verso l'interno, verso Molassana, verso la Valpolcevera etc etc.
Lasciati andare in questo sogno lisergico, l'ultimo che ti è concesso prima di rimboccarti le maniche: immagina un porto antico che va fino alla Lanterna, immaginalo di nuovo vivo, con affitti accettabili in una città che deve uscire da una crisi degna degli anni '80, fai in modo che non sia in mano a chi pensa solo a vendere birre la sera, che non sia un protettorato dell'Equador, ma un luogo vivo estate e inverno, al mattino come alla sera, con pubblici diversi, con culture diverse.
Sorvola piano, nel sogno, le aree ex industriali, i capannoni cadenti, le strade per il nulla, in un piano regolatore da far-west, ora immagina di dare a tutti i possessori delle aeree un ultimatum: da domani si cambia, la proprietà privata, se ferisce l'estetica, è un furto, sottrae valore alla Città. Quindi tutti ora si dovranno adeguare ad un progetto che tu, Sindaco, affiderai a Frank O. Gehry: ha risistemato le aree ex industriali di Bilbao, devi però fare presto: ha i suoi anni. Ora puoi riaprire gli occhi, caro Sindaco che verrai. Puoi iniziare a scendere salita San Gerolamo che da Castelletto ti porta giù, verso Tursi. Parte della tua energia andrà lì, a far funzionare gli oltre settemila dipendenti. Mi rendo conto, sono pur sempre settemila voti, meritano rispetto. Ma ti prego, anche lì, non pensare troppo ai voti, per ora ce l'hai fatta e alla peggio farai un solo mandato, ammesso che tu non sia già al secondo.


Caro Sindaco che verrai, ti chiedo solo di combattere per cinque anni: ti chiedo di lavorare per l'eternità come un monarca, avendo però sempre pronti i cartoni per imballare le tue cose, disposto ad andartene in un giorno, senza un rimpianto.
*regista teatrale

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