Roma - Arrabattare un pranzo con cinque euro? Impossibile. Bastano una piadina, una bottiglietta di acqua minerale e un caffé per sforare. La crisi economica sta colpendo pesantemente i bilanci delle famiglie. Così, in vista dei prossimi provvedimenti che Palazzo Chigi intende prendere a sostegno delle famiglie, l’Adoc propone di alzare la soglia dell’esenzione fiscale e contributiva dei buoni pasto, attualmente 5,29 euro, adeguandola al costo della vita.
Le richieste dell'Adoc L'associazione consumatori ha scritto al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per chiedergli di valutare la possibilità di adeguare il valore dei buoni pasto al costo della vita. Considerato che gli utenti giornalieri sono circa 2 milioni e oltre 100mila i ristoranti convenzionati, aumentare il valore dei buoni aiuterebbe i consumatori in un momento di gravi difficoltà economiche, di cui la crisi dei consumi è solo uno degli esempi.
Italia fanalino di coda dell'Europa In Italia il valore defiscalizzato di un ticket è fermo da 15 anni a 5,29 euro, mentre negli altri Paesi europei l’adeguamento è già stato realizzato: in Spagna il valore defiscalizzato è di 9 euro, circa il 70% in più dell’Italia, in Francia 7 euro, in Portogallo 6,70 euro. "Con un buono pasto oggi non si riesce a comprare neanche un pasto completo - dichiara Carlo Pileri, presidente dell’Adoc – bastano appena per un tramezzino e un succo di frutta".
Fuori budget il 70% degli italiani Come confermato dai dati di un’indagine realizzata da Anseb e Fipe, sette lavoratori su 10 sono impossibilitati a pranzare con i buoni pasto a disposizione. Proprio per questo, l’Adoc evidenzierà i problemi legati al fenomeno dei buoni pasto anche in occasione del Forum sul buono pasto promosso dalla Fipe per il 24 novembre prossimo a Genova. Sarà l'occasione giusta per l’assocviazione dei consumatori per portare avanti anche la proposta di eliminare la scadenza del buono al 31 dicembre dell’anno di emissione. Secondo le stime Adoc, infatti, circa il 10% dei buoni pasto in circolazione non viene utilizzato perché scaduto comportando così la perdita per il possessore del buono pari al 15% del suo valore, per un totale di circa 200 euro.
Il nodo delle società di appalto L'associazione dei consumatori fa, infine, notare che la modifica peggiorativa delle regole in questo settore ha portato alle discutibili aste al ribasso per l’attribuzione alla società dell’appalto, al rimborso degli esercizi commerciali spesso sottostimando il valore nominale del buono e, infine, al ritardo assurdo nel pagamento ai ristoratori delle proprie spettanze, ben oltre i 60 giorni canonici.
"Tutto questo comporta il tentativo di recupero economico da parte degli esercenti - ha concluso il numero uno dell'Adoc - che spesso viene caricato su tutti i prodotti venduti, causando un effetto inflattivo che come Adoc denunciamo da quattro anni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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