Per un attimo abbiamo sperato che la nave da guerra San Marco, salpata da Lampedusa con un carico di cinquecento immigrati appena sbarcati sulle coste dell’isola, facesse rotta sulla Tunisia, Paese dal quale gli indesiderati ospiti provenivano. Purtroppo non è andata così. La San Marco attraccherà in Sicilia e il suo carico umano verrà disperso per l’Italia, come lo saranno i successivi. Dicono che è il prezzo della guerra, ma così non è. Di libici, sulle carrette del mare, non c’è traccia. I sudditi di Gheddafi sono sì alle prese con una guerra civile, ma non hanno nessuna intenzione di lasciare il Paese: stavano benissimo dove sono e sperano di tornare a stare bene al più presto.L’ondata che ci sta invadendo arriva dalla Tunisia, dove poche settimane fa è stato deposto un tiranno mascherato e insediato un governo democratico. Non c’è logica nello scappare da una libertà ritrovata, non ci sono le basi per dichiararsi perseguitato politico o sentirsi in pericolo di vita. E, in effetti, sui ventimila arrivi degli ultimi giorni, soltanto tremila hanno fatto richiesta di asilo. Sono praticamente solo uomini. Dubito che tutti siano davvero nelle condizioni di dover scappare, fosse solo per il fatto che non conosco uomini che lascerebbero moglie e figli a casa in balìa di presunti aguzzini. Più facile che tra questi tremila la maggior parte millanti e la restante sia in fuga sì, ma non dal tiranno. Più probabilmente scappano dalla polizia dopo essere evasi dalle carceri (nelle quali si trovavano per reati comuni) durante i giorni della rivolta.
Arruolare i tunisini tra le persone in diritto di ospitalità sull’onda emotiva della guerra è il peggior servizio che possiamo fare ai profughi veri, se e quando questi arriveranno. È come intasare un ospedale di finti ammalati: si sprecano risorse ed energie che potrebbero essere esaurite nel momento del vero bisogno. Le leggi che nel nostro Paese regolano immigrazione e ospitalità non risultano essere state sospese, e semmai l’eccezionalità del flusso deve portare a stringere le maglie, non certo ad allargarle.
Credo che proprio alla luce di tutto questo il governo abbia ieri deciso di inserire il problema dei clandestini nella risoluzione che il Parlamento deve approvare sulla crisi libica. Berlusconi chiede che la coalizione militare si impegni a bloccare sulle coste africane i trafficanti di uomini e i loro carichi. Ovviamente questo non piace alla sinistra, che più problemi e casino ci sono in Italia più spera di trarne vantaggi politici ed elettorali. Bersani fa il finto tonto sulla pelle di quei disgraziati e sulla sicurezza di noi italiani. È addirittura offeso perché alle Camere ieri non è andato a parlare Berlusconi in persona, ma il ministro Frattini. Qualcuno gli spieghi che un motivo c’è, e non secondario. Il premier, probabilmente, non può parlare con Bersani in quanto impegnato con altri interlocutori che chiedono riservatezza e basso profilo. Chi sono? Forse lo sapremo nei prossimi giorni. Per risolvere anche le crisi più drammatiche a volte contano più i rapporti personali che la forza militare.
A volte, per ottenere risultati, serve di più dire «per Gheddafi mi sento addolorato », che non seguire l’etichetta. Insomma, da queste parti qualcuno sta mediando davvero per mettere fine alla guerra. Se ne sono accorti tutti, americani compresi, salvo Bersani. Che sulle cose importanti arriva sempre con un po’ di ritardo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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