Fabrizio de Feo
da Roma
«Sento che tra breve saremo chiamati a governare di nuovo il Paese». Pier Ferdinando Casini, ai microfoni di Sky Tg24, abbandona il suo naturale aplomb centrista e per un giorno veste i panni del guerriero, scrollandosi di dosso limmagine del politico prudente e poco incline alla frasi a effetto.
«Il problema della Casa delle libertà è dare una risposta seria e vera al bisogno di alternativa che è nata dal Paese» continua il leader dellUdc. «Metà degli italiani non si riconoscono in questo governo. Noi dobbiamo dire di no a Prodi e a questo governo, impegnandoci a trovare soluzioni e a proporre alternative. Dovremmo quindi essere pronti a proporre dei sì - spiega lex presidente della Camera - non soltanto rispondere con dei no». Ma è soprattutto sulla delicata partita del referendum sulla riforma costituzionale che Casini si sofferma, inviando messaggi indiretti a quegli esponenti del suo partito - Marco Follini e Bruno Tabacci su tutti - pronti a mettere in discussione limpianto della riforma votata dal centrodestra nella scorsa legislatura e a unirsi su questo tema alla battaglia dellUnione.
«Dire sì al referendum così come è stato avanzato dai sottoscrittori, significa mantenere una posizione di neutralità istituzionale. Dire, però, no alla riforma che abbiamo fatto negli anni del centrodestra - conclude Casini - significa accettare quella di centrosinistra. Bisogna quindi che tutti riflettano, anche coloro che sono critici su questa riforma».
Se Pier Ferdinando Casini usa parole chiare e toni perentori, altrettanto fa il segretario dellUdc Lorenzo Cesa, questa volta contro il premier in pectore. «Dopo tante riunioni Prodi è ancora alla pagina bianca? Direi piuttosto che ha alzato bandiera bianca, la bandiera della resa» afferma Cesa. «Aveva promesso scelte autonome e rapide per la formazione del nuovo governo, invece sta avvenendo il contrario: sballottato da un vertice di maggioranza allaltro, Prodi si limita a raccogliere le ordinazioni degli alleati, impegnati in un estenuante tira e molla e in una serie di minacce reciproche per ottenere qualche fetta di potere in più».
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