Roma - Bella cena, pesce freschissimo, grandi vini, ospiti di livello e il Cav impegnato nella sua specialità, quella del seduttore (politico). Sì, l’altra sera a casa Vespa, proprio sopra Piazza di Spagna, Pier Ferdinando Casini era davvero a suo agio: del resto con Berlusconi il rapporto personale è sempre stato ottimo. In più stavolta, dopo oltre due anni, si è aperta una finestra concreta per un rientro alla base: «La maggioranza esca dalla sua sindrome dell’autosufficienza».
La trattativa sarà lunga e difficile e non è detto che andrà in porto. Ma intanto i due si sono parlati a lungo: il primo faccia a faccia dopo tanto tempo. Nella testa del premier, Casini con la sua truppa di 39 deputati e quattro senatori dovrebbe sostituire i finiani nella maggioranza. Un rimpastino e via. In quella di Pierferdi lo scenario è sensibilmente diverso. Innanzitutto, servirebbe «una discontinuità», quindi una crisi vera, magari anche pilotata, cioè con la soluzione alternativa già a portata di mano. Comunque una crisi formale, con tanto di passaggio al Quirinale per le consultazioni e la formazione di un eventuale Berlusconi due.
E poi, se proprio deciderà di tornare nel centrodestra, Casini non vuol farlo come il parente povero con il cappello in mano in cerca solo di strapuntini. Se l’accordo si farà, il segretario dell’Udc pretenderà un aggiustamento al programma, con l’inserimento di alcuni temi cari ai centristi, come il quoziente familiare e altre cose che facciano da contrappeso all’influenza che la Lega ha sull’esecutivo. In più potrebbe ottenere lo Sviluppo economico. E sulla poltrona lasciata da Scajola, come vuole Napolitano, potrebbe sedersi non un politico ma un tecnico di area Udc.
Dunque, la strada verso un’intesa è lunga e sconnessa. Difficile che quagli prima dell’autunno: Casini tra l’altro non vuol saperne di appoggiare la manovra e la legge sulle intercettazioni. Da qui la sua prudenza e i contatti che continua a mantenere con Gianfranco Fini, che sarebbe la vittima di questo progetto: i due si sono visti in anche queste ore, poco prima della cena di Vespa. Beninteso, a Casini delle sorti del presidente della Camera importa fino a un certo punto: PFC non ha dimenticato lo scherzetto che gli ha fatto Fini due anni fa, entrando nel Pdl mentre ancora trattava con lui per la nascita di un centrodestra alternativo, deberlusconizzato.
Casini gioca la sua partita, negoziando con il premier senza tagliarsi i ponti per la costruzione di un futuribile terzo polo, se mai ce ne saranno le condizioni. E qualche segnale lo lancia parlando a Perugia al congresso del Psi: «L’Italia ha bisogno di una fase politica nuova per affrontare la crisi. Non c’è spazio per escamotage e operazioni trasformistiche, serve l’assunzione di responsabilità collettive che si lasci alle spalle il bipolarismo muscolare».
Il leader centrista alza quindi la posta. Si tratta in gran parte di tattica di ottimo conio democristiano. La politica dei due forni non ha dato i risultati sperati, il gioco di sponda con il Pd non funziona per la mancanza a sinistra di un leader e forse pure di un partito: «Le opposizioni dovrebbero rinunciare a forme di infantilismo protestatario».
Dall’altra parte la corte berlusconiana è serrata. Lo dimostra la conferma alla Sipra di Roberto Sergio, vicino a Casini, nonostante le ambizioni di Giuliano Urbani, tessera numero due di Forza Italia. E se persino Gasparri comincia a parlare bene di lui...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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