Caso-Musso Il Pdl censura il senatore. Con gentilezza

Il senatore Enrico Musso esterna, in aperto conflitto con alcune (molto rilevanti) tesi del Pdl, che è il partito che lo ha candidato sindaco, fatto eleggere a Palazzo Madama e ricandidato sindaco, anche se lui non si è ancora iscritto, ma promette che lo farà. Ne conseguono scosse telluriche di moderata intensità: un’intervistona sul Secolo XIX, una lettera a Repubblica, passaggi sulle tv locali. Solo un commento, invece, pervenuto al Giornale: di Beppe Damasio, liberale ostinatamente «mussiano»: «Grazie Enrico». Manco una telefonata o un rigo che è è uno, dai lettori più assidui (dove siete Mario Lauro, Olimpio e Luigi Parodi? Già a Courmayeur?). In compenso, fulmini e saette (e bromuro a dosi industriali), dai leader Pdl. Va giù duro Scandroglio: «Musso parli al Senato o al coordinamento metropolitano». E Vinai: «Sono deluso, io che gli diedi tanti consigli».

Si sussurra di possibili provvedimenti disciplinari: certi episodi, si dice, non verranno più tollerati. Ma se Musso è da squalificare per due giornate, quell’altro, come si chiama?, che fa la fronda a Montecitorio, dove lo mandiamo? Omissis. Forse è meglio che ci ripensiamo.

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