Politica

Il caso «Roma sporca ma è un’eredità della sinistra»

Roma? «Mi piace così com’è», ma «fa male al cuore» vederla così, come Napoli e Palermo, con «scritte» sui muri e «lordura» per le strade. «Sembrano più città africane che europee» e ci vorrebbe - è il suggerimento - «più cura degli spazi verdi, più attenzione alla pulizia...». Boom! Silvio Berlusconi attacca Gianni Alemanno? È tarda mattinata quando la politica capitolina va in tilt. E la sinistra, dopo le dichiarazioni del premier a Radio Radio, si butta a capofitto, con commenti che invadono le agenzie di stampa. «L’ha fatto nero», «sonora bocciatura», «il sindaco si dimetta» e così via. D’altronde, non le pare vero che il Cavaliere bacchetti il primo cittadino pidiellino. Già, infatti non è vero.
«Mi dicono che si è creato un equivoco per una mia intervista», chiarisce a stretto giro il Cavaliere: «Non ho mai inteso attaccare, è ovvio, il sindaco Gianni Alemanno (nella foto in alto), che sta svolgendo un eccellente lavoro su Roma, con grande e continuo impegno personale, per cercare di superare le pesanti eredità ricevute dalla sinistra». Purtroppo, aggiunge Berlusconi nella nota - diffusa dopo il chiarimento telefonico con il diretto interessato - «dopo 15 anni di incuria e di degrado della sinistra, non basta certo un anno di lavoro per risolvere la situazione del decoro e della pulizia dei luoghi pubblici. Per i writers e per chi imbratta i muri è indispensabile applicare le norme al riguardo, già contenute nel codice penale ma cadute in disuso, oppure varare una nuova legge su scala nazionale che permetta ai sindaci di punire in maniera esemplare i deturpatori». Insomma, «sono assolutamente orgoglioso del lavoro che finalmente il sindaco sta realizzando a Roma, anche con il sostegno del governo nazionale, per far uscire la nostra Capitale dal degrado in cui l’hanno ridotta le amministrazioni di sinistra».
Chiuso il capitolo Campidoglio, Berlusconi rilancia il progetto del taglio dei parlamentari («350 alla Camera, 150 al Senato»), poi avverte: «Votare il Pd alle Europee vuol dire gettar via il proprio voto». Con l’Idv, invece, Antonio Di Pietro «mette insieme gli scontenti e i forcaioli».

Infine, in vista del G8 di luglio, ribadisce: «A metà giugno andrò a parlare con il presidente Obama».

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