Politica

Caso Ruby, avanti come previsto: nuovo fango con il contagocce

Altre trecento pagine di intercettazioni, alcune fresche di giornata, sul caso Ruby-Berlusconi sono arrivate ieri alla Camera. Il contenuto non aggiunge nulla a quanto già si sapeva. Siamo quindi a quota settecento pagine, e chissà quante ne arriveranno ancora. Un volume di carte superiore a quello che compone i faldoni di inchieste sui traffici internazionali di droga o su operazioni di antiterrorismo. Soldi pubblici spesi per sapere opinioni, pettegolezzi e vizi di cinque ragazze che frequentavano la casa del premier. Ancora una volta la consegna del pacco a tv e giornali avviene con sospetto tempismo. La Procura di Milano ha regolato il timer perché l’esplosione distraesse gli italiani dal fatto che, respingendo con ampio margine la sfiducia al ministro Bondi, la maggioranza è solida e il governo saldamente in sella. Non soltanto. I tempi sembrano calcolati al minuto per attenuare l’impatto di un’altra (...)
(...) notizia, quella che oggi il ministro Frattini renderà pubblica al Senato. Cioè che Gianfranco Fini ha mentito agli italiani sull’affare della casa di Montecarlo. Ma non c’è botto che possa salvare Fini da una figuraccia (e dalle dimissioni) che forse non diventerà mondiale soltanto perché sarà attenuata o addirittura silenziata dai giornali della sinistra italiana, ben collegati alle principali testate estere.
Che cosa c’è in queste nuove carte? Nulla, proprio nulla di penalmente rilevante. Gli spioni Boccassini & C. ci regalano frasi di ragazze arrabbiate con Berlusconi perché vorrebbero più attenzioni e regali. Sono tutte maggiorenni, donne libere di fare e dire ciò che credono, anche di mentire. La Minetti, per esempio, sostiene di essere furente col premier. È una notizia? Un reato? È vietato tenere in casa una fotografia (sequestrata dai poliziotti a una ragazza non si capisce a che titolo) che ti ritrae insieme a Berlusconi? Qualsiasi persona di buon senso direbbe: no, sono affari loro. E invece la Boccassini, al culmine della sua ossessione, invade il Parlamento di carte che al massimo potrebbero trovare ospitalità su un settimanale di gossip, neppure di primo livello.
Non illudiamoci che la strategia di tenere alta la tensione sia vicina all’esaurirsi. I magistrati milanesi hanno in casa più di centomila telefonate intercettate, oltre a una quantità industriale di messaggini. Distilleranno il tutto, un poco alla volta, e sempre in coincidenza di snodi politici importanti.

Quando questa vicenda sarà conclusa, qualcuno dovrà pagare, per i danni economici e per aver tentato di paralizzare il Paese.

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