Caso Sakineh, l'Iran condanna a morte Carlà

Continua l’attacco dei mass media iraniani alla moglie del presidente Sarkozy schierata contro l’esecuzione di Sakineh: "È una prostituta, non merita di vivere". La Francia si ribella: "Sono parole inaccettabili"

Caso Sakineh, l'Iran 
condanna a morte Carlà

Carla Bruni? Una donna immorale, una puttana che merita di finire co­me tutte quelle come lei: lapidata, secondo il più orribile dei riti tribali, con il corpo seppellito nella terra e la testa faci­le bersaglio dei sassi lan­ciati dai giustizieri; sassi che non devono essere troppo grandi e nemme­no troppo piccoli ovve­ro non devono causare la morte istantanea, né offrire alla condannata la possibilità della sal­vezza. Le puttane come Carla devono morire sof­frendo, in un’agonia len­ta e atroce. Perché così vuole il Dio dei fonda­mentalisti islamici più retrivi. No, non si tratta di uno scherzo di cattivo gusto, né della sparata di un blogger anonimo, ma del secondo capitolo d i una vicen­da che sta diventando un se­rio caso diplomatico. In breve si tratta dei seguenti fatti. Carla Bruni in Sarkozy ha deciso di aggiungere la pro­pria voce alle tante che nel­le ultime settimane si sono levate i n Occidente, i n dife­sa Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana, oggi 43enne, condannata alla pena capitale per adulterio nel suo Paese. Il quotidia­no iraniano ultraconserva­t ore Kayhan non ha gradito e sabato ha pubblicato un articolo in cui dà della pro­stituta immorale alla pre­mière dame di Francia. Il governo iraniano si è di­stanziato, biasimando chi «insulta le autorità di altri Paesi e usa parole offensi­ve ». L’Eliseo, dopo 48 ore di silenzio, ha protestato duramente, ma ieri K ayhan anziché scusarsi o lasciar correre, ha rincara­to le accuse, auspicando ad­dirittura la lapidazione del­la moglie del presidente. Se si trattasse di un gior­nale indipendente in una vera democrazia, la polemi­ca meriterebbe al massimo una notizia su una colon­na, ma Kayhan non è un quotidiano qualunque, bensì la voce dell’ala ultra­conservatrice di un regime che proprio libero non è. E il suo direttore è nominato dalla Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, che, per chi non avesse fa­miliarità con l’architettura istituzionale iraniana, è l’autorità più alta del Pae­se, superiore al presidente Mahmoud Ahmadinejad. E allora la vicenda assu­me altre dimensioni, politi­che innanzitutto. Teheran sospetta che la campagna per difendere Sakineh Ashtiani non sia sponta­nea, ma guidata da Israele o dagli Stati Uniti. E forse, paradossalmente, non ha torto. La condanna di una pre­sunta adultera, per quanto drammatica, non è eccezio­nale in un Paese fondamen­talista islamico. Tante don­ne subiscono la stessa sor­te. Quando un caso diventa simbolico, spesso è perché qualcuno ha tentato di at­tribuirgli una valenza sim­bolica. Un’operazione di spin , riuscita, m a certo, non inu­suale. L’informazione è, nell’era della comunicazio­ne globale, un’arma sofisti­cata ed efficace. Meravi­glia che l’Iran non abbia sa­puto contrastarla. In passa­to, in circostanze analo­ghe, aveva saputo reagire meglio. Questa volta, inve­ce, la reazione appare scomposta, inopportuna, fragile. Proietta un’imma­gine di inusuale debolez­za . Temporanea o no, l o c a­piremo presto. La vicenda, però, ha an­che una dimensione, reli­giosa e sociale, che non può essere taciuta. Le don­ne continuano a rappresen­tare un problema per l’islam. Per tutto l’islam, anche per quello modera­to, che non riesce ad accet­tare davvero la parità tra i sessi. È i l tarlo della religio­ne di Maometto, che le im­pedisce di adeguarsi alla modernità, come anche gli esperti più moderati am­mettono. E riemerge sem­pre, anche nei Paesi più progrediti. Blocca lo spiri­to , devia l a mente, accende l’irrazionalità. Alla fine la donna deve stare sempre un passo dietro l’uomo, c o­me dimostrato, tra l’altro, dal modo, sconcertante, in cui il «laico» colonnello Muammar Gheddafi ha trattato le modelle a Roma. Quel blocco nei Paesi in­tegralisti, come l’Iran ma anche l’Arabia Saudita, sfo­cia nella barbarie, nel­l’abisso di una cultura pri­mitiva, che pretende di bloccare le lancette del tempo all’epoca del Profe­ta, costringendo tutti a vive­re secondo i codici e l e con­suetudini di una società tri­bale arabica del Seicento dopo Cristo. È come se gli ebrei voles­sero vivere esattamente c o­me ai tempi di Mosè e i cri­stiani pretendessero le stes­se regole sociali e religiose del cristianesimo delle ori­gini. Un’assurdità che por­ta all’aberrazione.

K ayhan accusa Carla Bruni di «aver avuto in passato relazioni illecite con diverse perso­ne » e questo spiegherebbe il suo impegno per Saki­neh. Ovvero: solidarietà tra puttane. Da punire con la morte. Di entrambe. E del buon senso, della digni­tà, del rispetto. Dei valori che rendono l’uomo mi­gliore e ogni religione dav­vero grande.

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