La cauzione fa infuriare i filippini

In centinaia hanno protestato davanti al consolato

Disciplinati e composti come è nella loro indole, ma con il megafono in mano, un centinaio di lavoratori filippini si sono riuniti in piazzale Aquileja per protestare contro il loro governo. Il motivo? A parlarne è Noemi Manalo, portavoce della Associazione nazionale italo-filippina (Anif), la quale spiega che con decorrenza 15 gennaio il governo delle Filippine chiede a tutti i datori di lavoro dei suoi cittadini un pagamento di 5.000 dollari quale cauzione. La notizia, riportata dal settimanale Kabayan Times, era apparsa in internet ma nessun governo europeo è al corrente della questione. Premesso che una simile direttiva presuppone un accordo siglato con i vari governi che ospitano lavoratori filippini, e che deve essere opportunamente divulgato con dovuto anticipo, quando i filippini della comunità di Milano hanno avanzato le rimostranze al Consolato del loro Paese è stato risposto che si era trattato di un errore: la cifra sarebbe in realtà di 50 dollari e nulla più. Ma solo a parole.

Il bello, anzi il brutto, è che per poter rientrare nel loro Paese, anche soltanto per visitare i familiari, i filippini dovranno dimostrare che il loro datore di lavoro ha ottemperato a tale obbligo esibendo copia della ricevuta di pagamento.

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