La Cei avverte «Noi non li segnaleremo»

Pur «non volendo contrapporsi allo Stato», la Chiesa non potrà denunciare gli immigrati clandestini che si rivolgono alle diocesi in cerca di aiuto. «Di fronte al problema della sofferenza - spiega monsignor Domenico Sigalini, segretario della Commissione per le migrazioni della Cei - non possiamo non continuare a difendere chi ha bisogno». Critiche all’emendamento approvato ieri anche dall’Ordine dei medici: «Il rischio è la comparsa di una sanità clandestina, gestita da gruppi etnici e religiosi - avverte il presidente Amedeo Bianco -. E poi questa norma danneggia l’immagine e la tradizione italiane di accoglienza e vicinanza». Polemico anche Stefano Biasioli, presidente dei dirigenti del sistema sanitario nazionale: «Non siamo questurini». E per Fabio Sturani, vicepresidente dell’Anci con delega all’immigrazione, «se gli stranieri non avranno più il coraggio di rivolgersi ai nostri ospedali, aumenterà inevitabilmente il rischio di epidemie e la diffusione di malattie trasmissibili, che sfuggiranno al controllo di una adeguata prevenzione».
Il ministro dell’Interno Maroni, «di fronte alle critiche, legittime e non mosse da pregiudizi», ha dichiarato che «le scelte di oggi vanno più verso la sicurezza che verso una libertà intesa come un’assenza di vincoli». Insomma: «Chi governa deve fare delle scelte. I dubbi ci sono quando si prendono decisioni che riguardano i più deboli. Ma quando c’è una domanda di sicurezza, bisogna intervenire».

E il sottosegretario Mantovano ha ribadito che «la norma non impone al medico di segnalare i clandestini alle autorità. Si limita a consentire che questa segnalazione avvenga, in caso di gravi ragioni di interesse collettivo o personale, come un rischio di epidemia».

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