La Cei: "Sulla vita no all'autodeterminazione"

Il segretario uscente della Cei, monsignor Betori, chiarisce la posizione della Chiesa sul testamento biologico: "Legiferiamo per proteggere la vita e rendere degno il momento della fine della propria esistenza". Sulla prostituzione: "Bene la Carfagna, ma non diamo pagelle al governo"

La Cei: "Sulla vita no all'autodeterminazione"

Roma - La Chiesa torna a ribadire un concetto basilare: un’eventuale legge sul fine vita "sarebbe cosa ben diversa da una normativa che legittimi la nozione di testamento biologico, espressione di una cultura dell’autodeterminazione". È monsignor Giuseppe Betori, segretario uscente della Cei, a spiegare la posizione dei vescovi italiani sul testamento biologico, dopo le parole della settimana scorsa del cardinale Angelo Bagnasco che sembravano presagire una apertura della Cei sul testamento biologico. "Preferisco non parlare di testamento biologico ma di fine vita - ha detto Betori nel corso della conferenza stampa finale dei lavori del Consiglio permanente - perché la vita non è a disposizione di nessuno. Legiferiamo sì, ma sul fine vita, per proteggere la vita e rendere degno il momento della fine della propria esistenza".

Non diamo pagelle al governo "Noi non diamo pagelle al governo, il governo se le deve dare da sé e non aspettarle dai vescovi". Il Consiglio permanente - ha detto Betori - non si riunisce per dare le pagelle al governo, ma se prende atto che ci sono dei problemi nel Paese lo fa per richiamare tutti, governo compreso e società in senso ampio, al fatto che ci sono valori che vanno salvaguardati. I vescovi - ha aggiunto Betori - lasciano a ciascuno le sue responsabilità, non danno pagelle".

Prostituzione: bene la Carfagna La Cei approva il provvedimento del ministro Carfagna sulla prostituzione, anche se "avremmo preferito che non ci fosse stata una penalizzazione delle donne vittime di abusi sessuali.

Per il resto - ha sottolineato Betori - il provvedimento presentato va nella linea della lotta a queste situazioni di ignominia. E questo è un buon modo di combattere il fenomeno, fermo restando quanto detto, che avremmo preferito non ci fosse stata una penalizzazione delle donne".

 

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