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Il centrodestra si astiene, l’Udc resta sola Oggi vediamo chi salverà Prodi l'afghano

Berlusconi: «La situazione dei nostri soldati si è aggravata, il governo non ha accolto le nostre richieste». Udc isolata. Bossi: "Casini fuori dalla Cdl". Alle 16 al Senato il voto sul rifinanziamento delle missioni all'estero: governo a rischio

Il centrodestra si astiene, l’Udc resta sola 
Oggi vediamo chi salverà Prodi l'afghano

Roma - «Al Senato inizieremo a dire no a questo governo e a fare un’opposizione seria. È interesse del Paese far sì che questo governo di dimetta al più presto».
La vigilia di fuoco del voto sull’Afghanistan, previsto per oggi pomeriggio a Palazzo Madama, si snoda tra serrate trattative e consultazioni interne alla Casa delle libertà. Ma è anche punteggiata da abboccamenti con la maggioranza e da un attento monitoraggio delle dichiarazioni in arrivo dal fronte opposto. I contatti vanno avanti per tutta la giornata, prima con una riunione che va in scena ad Arcore tra Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Roberto Castelli, Giancarlo Giorgetti e Giulio Tremonti. Poi con un successivo rendez vous del leader azzurro con Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto e Paolo Bonaiuti.
Quando, però, nel tardo pomeriggio i leader del centrodestra tirano le fila degli sforzi diplomatici, sono costretti a registrare l’assenza di segnali concreti da parte di una maggioranza che, anzi, con Massimo D’Alema esaspera i toni del dibattito definendo «vergognoso» un eventuale voto contrario. Uno scivolone che porta il centrodestra a serrare i ranghi e a rompere gli indugi, adottando una posizione unitaria. Ci pensa allora Silvio Berlusconi ad annunciare a margine della manifestazione di Milano sulla sicurezza, la posizione ufficiale degli alleati. «Abbiamo preso una decisione insieme alle altre forze del centrodestra perché la maggioranza non ha accolto le nostre richieste» spiega il presidente di Forza Italia. «La situazione in Afghanistan si è molto aggravata, anche per i comportamenti devastanti in politica estera del governo della sinistra. Ci asterremo quindi dal dare il nostro voto favorevole al decreto del governo. Questo comunicato lo facciamo come Forza Italia e come opposizione del centrodestra. Oggi abbiamo fatto una riunione con gli altri leader della Cdl, ad esclusione di Casini. Siamo arrivati alla conclusione che ci asterremo. La Lega è con noi, An pure e anche la Nuova Dc e il Partito repubblicano».
L’affondo è di quelli pesanti. In realtà, a margine delle dichiarazioni ufficiali, si cerca di non tagliare del tutto il filo, sia pure sottile e sfilacciato, della trattativa. Un possibile - anche se a questo punto improbabile - ripensamento dell’ultima ora, non viene ancora del tutto escluso. Ma la condizione per una riapertura resta sempre la stessa: l’accoglimento e l’approvazione dell’ordine del giorno Schifani che chiede di passare in Afghanistan alla «difesa attiva», dotando le nostre truppe di mezzi ed equipaggiamenti pesanti. Il centrodestra non ne fa neppure una questione «personalistica»: se un odg della stessa fattura fosse presentato dall’Unione il segnale verrebbe comunque accolto. E a quel punto il centrodestra potrebbe «modulare» la sua astensione e uscire dall’aula.
Il centrosinistra conosce perfettamente la situazione. A margine di un convegno sull’energia, Altero Matteoli si è infatti intrattenuto a colloquio con i ministri Bersani e Parisi e li ha invitati a ragionare su questa ipotesi. Segnali di apertura, però, non sono arrivati. Nel frattempo il centrodestra saluta con soddisfazione la linea unitaria adottata al proprio interno. «Le parole chiare di Berlusconi sull’astensione erano da noi attese e riconoscono come fosse corretta la nostra posizione alla Camera. Benvenuto quindi Berlusconi nella schiera di chi parla chiaro», commenta Roberto Calderoli. «Con questa decisione il vergognoso ricatto della maggioranza è stato respinto». La sofferta decisione di separare la linea del centrodestra da quella dell’Udc, naturalmente, dimora nei pensieri di molti. Ma tutti i leader - che pure hanno tentato fino all’ultimo di convincere il leader centrista a fare un passo indietro - concordano sul fatto che «non potevamo farci schiacciare su una linea che non condividevamo e farci dettare la linea da Casini».

Un ragionamento che, secondo Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, avrà anche una semplice conseguenze politica: «L’interrogativo che la gente d’ora in poi si porrà sarà: perché Casini tiene in vita Prodi?».

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