Il centrosinistra è sempre unito solo nelle offese al Cavaliere

da Roma

«Se si prende l’elenco dei vocaboli usati nei miei confronti, altro che schifo, molto di più, e non me la sono mai presa». Pur di evitare di condannare con toni perentori la violenza verbale di Oliviero Diliberto, Romano Prodi tenta l’operazione più spericolata: ergersi a tollerante vittima delle offese del centrodestra, intestandosi il primato dell’uomo politico più insultato.
L’impresa, naturalmente, è di quelle complicate. Per una coalizione che da tredici anni è tenuta insieme da un unico collante, l’antiberlusconismo, il linguaggio violento e offensivo nei confronti del «Grande Nemico» è una prassi consolidata ed elevata a sistema. Il campionario di rabbia, livore ed epiteti assortiti pronunciati contro il premier è sterminato. Tanto che c’è addirittura chi, come Luca D’Alessandro, capo ufficio stampa di Forza Italia, ha deciso di tradurre questo immenso «materiale» in un libro intitolato «Berlusconi ti odio» con gli insulti di 269 esponenti del centrosinistra: 269 voci, da Gavino Angius a Roberto Zaccaria. Un parterre di personalità impegnato nel coniare aggettivi «ad personam» come «dittatorello», «rozzo», «irresponsabile», «fascista», «piazzista», «pagliaccio», «impudente», «antidemocratico», «folle», «incapace», «portasfiga», «vigliacco».
L’«insultometro», insomma, di fronte al nome di Berlusconi subisce più che una impennata una vera e propria scossa tellurica. Ed è difficile perfino raccapezzarsi nel mare magno delle parole affilate o urticanti. Se il leader del centrodestra dà al Professore dell’«utile idiota della sinistra» e definisce Prodi, Rutelli e Fassino come «la gramigna che infesta tutto ed è difficile da estirpare»; e se Mario Landolfi ironizza su Prodi «nascosto dagli alleati come si fa con un parente un po’ tocco» mentre Renato Schifani dà del «coniglio» al Professore e Roberto Calderoli lo definisce «ragazza pon pon della sinistra», a Berlusconi tocca ben altra sorte.
Nella memoria recente c’è l’epiteto di «ubriaco» rivolto dal candidato dell’Unione al suo avversario politico durante uno dei confronti televisivi, così come il riferimento alla «delinquenza politica» della Cdl o la definizione di «venditore di tappeti» appiccicata al Cavaliere. Prodi, insomma, nella hit parade degli insulti, figura ai primi posti. Ma non sono da meno i suoi alleati. Uno dei più assidui frequentatori dell’offesa politica è senz’altro Oliviero Diliberto che paragona l’allora presidente del Consiglio a un «dittatorello sudamericano» o lo dipinge come «un pazzo, un pazzo estremista». All’appello dei frequentatori dell’insulto non manca Massimo D’Alema che descrive Berlusconi come «un signore che aveva le scarpe sporche di fango e che è sceso in politica perché voleva risolvere i suoi problemi». Ma c’è anche Luciano Violante che con la consueta misura definisce il leader di Fi «pericoloso per il sistema democratico». E in altre due occasioni aggiunge: «Grazie a Berlusconi la mafia non ha paura» e «c’era un giro di mafia attorno a Berlusconi». Senza dimenticare di attribuirgli il marchio di «portasfiga». Toni simili usa Alfonso Pecoraro Scanio: «Il vero eversore in questo Paese è Berlusconi che ha fatto scempio della Costituzione e delle istituzioni». Regala il suo contributo anche Giuseppe Giulietti: «Il premier è matto e antropologicamente diverso dal resto della razza umana». E se Pietro Folena definisce un intervento di Berlusconi «degno di un hooligan», Furio Colombo gli assegna un appellativo non proprio lusinghiero: «Berlusconi? Una barzelletta che cammina».

Antonio Di Pietro azzarda un paragone di gusto discutibile: «Berlusconi è come l’Aids, se lo conosci lo eviti». Una teoria infinita di graffi e fendenti verbali che regala al centrosinistra l’indiscusso primato nella classifica degli «insultatori» e ai parlamentari del centrodestra ruoli da semplici comprimari dell’offesa.

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