Cerami: «La comicità, un’arte da coltivare»

L’autore di «La vita è bella» spiega il suo impegno per un’Accademia della risata

da Reggio Calabria

«Il comico è un artista che lavora in bilico, che convive con il pericolo costante di cadere nel precipizio della volgarità, da una parte, o nel burrone della noia e del perbenismo, dall’altra». A Reggio Calabria, da dove domani sera andrà in onda la prima puntata di Bravograzie (Raidue, ore 23.10), Vincenzo Cerami spiega perché ha voluto nobilitare con la sua direzione artistica la 14ª edizione del festival nazionale della comicità, una sorta di Champions league della risata, che laureerà un solo vincitore cui verrà consegnato il premio intitolato a Ettore Petrolini («il più grande del Novecento», secondo Cerami). «Il teatro classico ha sempre ritenuto la comicità un’arte guitta - argomenta l’autore di La vita è bella -. Io credo che il comico sia un artista vero che guarda il mondo con la sua sensibilità giocosa, di bambino. Oggi è sempre più difficile far ridere non solo perché mancano le occasioni e il famoso teatro di rivista che ha allevato fior di comici è in via di estinzione, ma anche perché, da qualche anno tutto il mondo si è chiuso dentro la televisione, sempre più onnivora». Perciò il lavoro di Bravograzie e del suo circuito di festival sparsi per l’Italia è più che mai prezioso, allo scopo di far emergere «una geografia ruspante della comicità». Una volta Sordi prendeva in giro tutte le categorie sociali, dal vigile all’impiegato, poi sono arrivati «Verdone con i coatti romani, Troisi con il suo napoletano metafisico, Benigni con la satira toscana. Oggi le categorie sociali non ci sono più, imperversano i volti della tv».

Per questo stentano a nascere nuovi comici in Italia? «Il teatro ha una grande responsabilità - replica Cerami che sta pensando di aprire una Accademia della comicità a Civitavecchia -. Il teatro comico e popolare ha sfornato talenti come Antonio Albanese, Marco Paolini, Ascanio Celestini. Ma c’è bisogno di lavoro e pazienza: io mi diverto a coccolare questi ragazzi».

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