Il cessate il fuoco e la falsa promessa del governo Prodi

Condy Rice parte per il suo giro del mondo diplomatico - andrà a Gerusalemme, a Roma, a sentire i Paesi musulmani non arabi, in Malesia e poi di nuovo a Gerusalemme - dichiarando ai giornalisti che quella di un cessate il fuoco immediato in Libano è una «falsa promessa». I media americani considerano essenziali le due visite a Gerusalemme, e la Cnn riduce quella che Prodi chiama «conferenza di Roma» a «un incontro con alcuni diplomatici», confermando quanto sia fuori luogo il trionfalismo di Prodi e di una certa stampa italiana, ansiosa di sbandierare un «successo» del governo dell’Unione dopo una serie di brutte figure internazionali.
Con ogni verosimiglianza si cercherà di ingannare di nuovo l’opinione pubblica italiana presentando come un successo di Prodi il cessate il fuoco in Libano già previsto dagli israeliani - a meno di novità clamorose - per domenica 30 luglio. C’è una differenza enorme fra un cessate il fuoco che fermi le truppe israeliane in Libano oggi, giovedì o domenica. Tutte le guerre combattute da Israele sono state guerre lampo, misurate su quanti risultati l’esercito israeliano riesce a ottenere ogni ventiquattro ore. La guerra del Libano ha lo scopo di mostrare al mondo, e anzitutto ai libanesi, che i guerriglieri sciiti non sono invincibili, di smantellare le loro installazioni missilistiche puntate su Israele e di neutralizzare una parte così importante dei loro uomini e delle loro armi da permettere all’esercito libanese di disarmare gli Hezbollah. Ogni giorno gli israeliani distruggono decine di postazioni dei terroristi. Se si fermassero oggi, il loro lavoro sarebbe compiuto a metà. Ma anche quattro giorni in più - da giovedì a domenica - sono decisivi. I bombardamenti sistematici delle vie che collegano il Libano alla Siria mirano precisamente a impedire a Hezbollah di spostare uomini e armi in territorio siriano. Israele vuole che i dirigenti e i missili dei terroristi sciiti rimangano in territorio libanese, e lì vengano eliminati.
Chi vuole il cessate il fuoco immediato - Chirac, Prodi, D’Alema - lavora contro Israele: vuole che gli Hezbollah rimangano una forza militare consistente, perfino rafforzata sul piano dell’immagine. Nessuno, a partire da Israele, vuole impantanarsi in una lunga guerra in Libano. Continuare a martellare gli Hezbollah per tutta questa settimana, con un cessate il fuoco nel weekend o subito dopo, appare una soluzione ragionevole ed è quanto chiedono Bush e la Rice.
Naturalmente, dopo il cessate il fuoco occorreranno fra Israele e Libano quei patti chiari necessari a un’amicizia lunga che fra israeliani e libanesi è possibile e necessaria. È obbligatorio che gli Hezbollah siano integralmente disarmati, come del resto chiedono le risoluzioni dell’Onu, e che l’esercito libanese prenda l’effettivo controllo del Paese. È anche cruciale che gli Hezbollah siano finalmente inseriti dall’Europa, superando il veto francese, nella lista delle organizzazioni terroristiche, cui non possono essere destinati aiuti e i cui conti europei vanno posti sotto sequestro. In Italia lo propone anche un sottosegretario dell’attuale governo, Vernetti, e il fatto che siano rappresentati nel governo libanese non è un ostacolo, come non lo fu per Hamas.

La variopinta comitiva dell’Unione deve spiegare agli italiani da che parte sta: se non riconosce che gli Hezbollah sono terroristi può esibirsi in tutte le piroette verbali che vuole, ma di fatto è contro Israele e con i nemici dell’Occidente.

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