La Cgil non sciopera per non infastidire Giuliano

Si avvicina un’altra data in cui i negozianti di Milano lavoreranno durante un giorno di festa: la deroga è stata fissata non per il 2 giugno, anniversario della Repubblica, ma per il 5 giugno, la prima domenica del mese. Stavolta però, c’è da giurarci, non ci sarà nessuna protesta. Appena un mese fa, quando i commercianti avevano deciso di aprire durante la giornata del primo maggio per cercare di fare quattro affari in più, la Cgil era scesa in piazza, scandalizzata, per difendere i diritti dei lavoratori sfruttati senza pietà. E i centri sociali avevano messo a ferro e fuoco le vie dello shopping, imbrattando le vetrine e arrivando perfino a far colare dell’acciaio fuso e del silicone nelle serrature delle serrande per impedire ai negozianti di aprire bottega.
Ma ora l’aria è cambiata. Da oggi Giuliano Pisapia si è ufficialmente insediato a Palazzo Marino e non si può più protestare. Sta male. Non c’è più di mezzo il centrodestra, non c’è più Letizia Moratti. «Non possiamo mica fare battaglia a ogni apertura dei negozi» tagliano corto i sindacati. Sarà, ma visti i toni accesi dell’ultima apertura dei negozi, ci si aspettava qualche reazione. E invece improvvisamente sono diventati tutti degli agnellini.
Del resto come potrebbero protestare? Lunedì sera, a festeggiare Pisapia in piazza Duomo c’erano anche i centri sociali, con i loro furgoncini e la loro musica. E sul palco, a fianco del neo eletto, è perfino salita il segretario Cgil Susanna Camusso. Sarebbe un dispetto intollerabile scendere in piazza e manifestare a meno di una settimana dall’elezione del nuovo sindaco. Certo, non tutte le manifestazioni di piazza verranno placate, ma per adesso forse è meglio tacere si saranno detti i sindacati. Del resto, a Milano c’è una nuova aria.
Contenti i commercianti che, almeno stavolta, potranno lavorare indisturbati senza temere le irruzioni dei non global in negozio, senza temere le provocazioni dei seguaci di San Precario e i loro volantini di minaccia.

Volantini che, alla vigilia del primo maggio erano stati distribuiti nelle vie del centro per annunciare: «Chi aprirà se ne pentirà». Ora, i negozianti sono gli stessi, le commesse precarie sono le stesse ma lo sfruttamento non c’è più.

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