La Cgil paga l’avvocato al primario abortista

da Milano

È scontro politico e non scientifico sui metodi per l’interruzione volontaria della gravidanza in cui si inserisce anche la Cgil che promette, nel caso sia necessaria, assistenza legale a Umberto Nicolini, il primario dell'ospedale Buzzi che da mesi sta sperimentando un antitumorale come farmaco abortivo, in alternativa sia all’intervento chirurgico, sia alla somministrazione della pillola Ru 486.
È di settimana scorsa la notizia dell’utilizzo nel nosocomio di via Castelvetro del methotrexate con un’iniezione intramuscolo per abortire: in commercio regolarmente in Italia, è usato in genere per interrompere la gravidanze extrauterine, oppure somministrato per l’artrite reumatoide e psoriasica.
Dalla sua, il primario ha il fatto che la legge 194 disciplina l’interruzione di gravidanza senza fare distinguo sul metodo e la minore invasività del metodo. Dall’altra, già nelle scorse settimane l’assessore regionale alla Sanità, Alessandro Cè, si era dichiarato contrario a un’ulteriore sperimentazione della pillola Ru 486 alla Mangiagalli perché «la Regione ha sempre tenuto un atteggiamento di tutela, oltre che della vita, anche della salute della donna».
Dura, quindi, la reazione del presidente Roberto Formigoni e di Francesco Beretta, direttore generale degli Istituti clinici di perfezionamento a cui il Buzzi fa capo, che hanno imposto un’immediato stop allo studio dell’antitumorale come farmaco abortivo. Anche il ministro della Sanità, Livia Turco, ha annunciato un’indagine per verificare se ci sono state irregolarità.

In questo clima surriscaldato si è inserito ieri il sindacato che ha accusato Formigoni e chiesto l’intervento del ministro Turco. Da parte sua il portavoce del governatore della Lombardia ha evidenziato come per il medicinale in questione non sia mai stata autorizzata alcuna sperimentazione.

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