Chavez nazionalizza anche Los Roques A rischio decine di imprese italiane

Los Roques, parco naturale dalle acque cristalline, potrebbe diventare meta di «turismo sociale» per i venezuelani. Dopo oro e traghetti, il presidente venezuelano Hugo Chavez pensa alla nazionalizzazione delle case nel paradiso delle vacanze.
La levata di scudi da parte della Federcamere venezuelana, massimo organismo del settore privato dell’economia non si è fatta attendere, ma gli italiani che animano la vita economica dell’arcipelago, sono cauti, se non addirittura fiduciosi. L’ultimo annuncio di Chavez arriva come un fulmine a ciel sereno: «Ci sono case costruite illegalmente. Presunti proprietari che le hanno privatizzate: l’alta borghesia, incluso quella internazionale. Le espropriamo». Il progetto, che prevede «un centro di pesca, posadas e case per vacanze per il popolo», dovrebbe investire la sola isola di Madrisqui, dove le ricche famiglie venezuelane negli anni Settanta hanno costruito delle case. Il mondo turistico-imprenditoriale del Paese però è in subbuglio, perché teme che l’iniziativa possa essere estesa anche all’isola principale, quella di Gran Roque, a soli cinque minuti di distanza in barca.
Il direttore di Federcamere Ricardo Casunno stigmatizza l’iniziativa: «Il governo si contraddice: da un lato va in Germania per promuovere il Paese come meta turistica, e dall’altro attacca un luogo simbolo come Los Roques, minacciando di espropriarlo e nazionalizzarlo». Ma gli italiani che vivono e lavorano sull’isola da anni, si dicono fiduciosi. «La preoccupazione esiste, ma per ora non ci sono atti formali.

E poi lunedì scorso ci hanno addirittura invitati a presentare proposte, perché vogliono aiutare a sviluppare le nostre attività», spiega Renzo Barberi, imprenditore turistico di Forte dei Marmi (Lucca), che con suo figlio Fabio ha messo in piedi il Gruppo Caracol, due posadas a Los Roques e una a Isla Margarita. «Stiamo a vedere che succede. Se poi volessero espropriare ci organizzeremo in gruppo e cercheremo di far valere le nostre ragioni nelle sedi legali opportune».

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