Non sarà finita la felicità finché, da un punto remoto del tempo, ci giungerà il suono di una viola d'amore e anche l'incanto del suo silenzio tra una composizione e l'altra. Da un palazzo veneziano e dalla loggia di una Villa in Val Brembana giungono note armoniose suonate da una mano femminile che se le canta ispirata dentro. È come un lamento ma non un lamento della storia tradita, nella distrazione del nostro tempo. È una musica amorosa suonata da mani delicate. Possiamo anche vederla: ha un'ampia camicia bianca con maniche gonfie di pieghe, il corpo rosato respira libero mentre un turbante dorato contiene i lunghi capelli neri. È una giovane donna veneziana, sorella minore delle Cortigiane di Carpaccio, con uno sguardo perduto in pensieri lontani. La suonatrice di viola, apparsa anonima qualche giorno fa, a un'asta Koller a Zurigo, è un dono inatteso: ci viene da un grande pittore che ci aveva invitato per altri concerti, come quello del brutale e zingaresco Suonatore di liuto, con due eleganti amici che lo ascoltano: è Giovanni Busi detto «il Cariani» (1485-90 ca - 1548 ca). Orgogliosamente bergamasco, ma lungamente attivo nella Venezia di Giorgione e di Palma il Vecchio, nato a Serina in una remota valle da famiglia di pastori, si applicò alla pittura da una condizione di privilegio. Nell'anno della scomparsa di Giorgione, suo primo ideale maestro, nel 1510, il padre ricopriva a Venezia l'alto incarico di Comandador del Magistrato del Proprio: questo fa supporre che la famiglia fosse già da tempo a Venezia; e, pertanto, il Cariani potrebbe anche essere nato in questa città, dove è documentato per la prima volta il 29 aprile 1509.
Erano gli anni fervidi degli affreschi sul Fondaco dei tedeschi, e anche quelli della tarda e calda attività di Giovanni Bellini. Il Cariani era curioso e vorace, e aveva fatto il percorso inverso a Lorenzo Lotto, per farsi «venexiano.
La prima opera menzionata dalle fonti, La tela del Cupidine che siede con l'arco in mano in un inferno, fu segnalata da Marcantonio Michiel gia' nel 1512 nella casa di Francesco Zio a Venezia.
Fin da subito Cariani intercetta lo spirito che si agita negli Asolani di Pietro Bembo e che ispira la Tempesta di Giorgione e i Concerti e, soprattutto, l'Amor sacro e l'Amor profano di Tiziano: «... due vaghe fanciulle per mano tenendosi, con lieto sembiante al capo della tavola, là dove la Reina sedea, venute, riverentemente la salutarono; e poi che l'ebbero salutata, amendue levatesi, la maggiore, un bellissimo liuto che nell'una mano teneva al petto recandosi e assai maestrevolmente toccandolo, dopo alquanto spazio, col piacevole suono di quello, la soave voce di lei accordando e dolcissimamente cantando, così disse: Io vissi pargoletta in festa e 'n gioco, De' miei pensier, di mia sorte contenta: Or sì m'afflige Amor e mi tormenta, Ch'omai da tormentar gli avanza poco. Credetti, lassa, aver gioiosa vita Da prima entrando, Amor, a la tua corte; E già n'aspetto dolorosa morte: O mia credenza, come m'hai fallita». Questo sembra cantare, suonando la viola, la cortigiana musicista.
È un mondo che ci è lontano nei costumi, ma la forza della musica non è mutata, nella intatta poesia dei dipinti di Cariani che ieri stupì e che oggi ancora ci prende.
Da Venezia, pieno il cuore di immagini sensuali e amorose, il Cariani ritornò a Bergamo il 15 agosto 1517, e iniziò una intensa attività pittorica, con assoluta e vivace libertà di espressione, senza condizionamenti. La presenza del Lotto, a Bergamo negli stessi anni, sarà di stimolo per Cariani. La sua prima opera, conservata all'Accademia Carrara di Bergamo, è la Madonna col Bambino e santi Maria Maddalena, Giuseppe e Lucia, dove avvertiamo anche consonanze con Cima da Conegliano, poeta della natura e religioso di asciutta devozione.
A Bergamo era stato chiamato da Francesco Albani, padre del futuro cardinale Giovanni Gerolamo, da lui ritratto sontuosamente vestito e ornato con una grossa collana d'oro, come lo aveva descritto il Sanudo. Il primo lavoro a Bergamo fu la Pala di San Gottardo, che restò senza seguito nelle commissioni dagli ambienti ecclesiastici cittadini.
Il Cariani a Bergamo era stato chiamato per decorare la nuovissima loggia dei mercanti: «la loza et la fazzada noua sopra la piazza noua verso la cittadella» (Michiel), dove sono visibili un suonatore di flauto e due operai che trasportano sacchi di grano.
Più di altri artisti, Cariani fu attratto dal tema musicale: memorabile e precoce il Suonatore di liuto del museo di Strasburgo, intimamente giorgionesco. Ma anche soggetti idillici come il Concerto campestre del museo di Varsavia, con due amorosi flautisti. Proprio al Convito degli dei del Bellini, dipinto nel 1514, sembra ispirarsi prima del periodo bergamasco. Il Cariani riprende la ninfa sdraiata dormiente, sul lato inferiore destro del dipinto del Bellini. La posa della testa, sul braccio della giovane donna nuda, evoca la malinconia, ma anche, nell'incrocio con la suora velata, l'Amor sacro e l'Amor profano. Ancora ritorna il tema musicale nella intensa Allegoria di una vittoria di Venezia, ora in collezione Terruzzi a Bordighera, da me resa nota nel 1982. Qui, insieme alla Fortuna, canta e suona la viola da gamba un giovane musico con il vento fra i capelli, accanto a una flautista, davanti alla veduta aperta sul bacino di San Marco.
Ritorna l'attrazione fatale per la musica nel Concerto campestre della Accademia Carrara, con la naturalezza della incomunicabilità dei due suonatori, lei applicata ad accordare lo strumento, l'altro addormentato mentre tiene saldo il braccio della viola nel pugno, entro la natura placata. Cariani è il pittore che più ha rappresentato suonatori e strumenti musicali, con sensuale voluttà, vivendo una condizione aristocratica testimoniata dai suoi ritratti e condividendo l'impegno dei due grandi ritrattisti «bergamaschi», Lotto e Moroni.
Nello stesso anno 1517, Cariani, evidentemente considerato un vero veneziano, ebbe la carica di bancale, ovvero assistente del Gastaldo, uno dei capi, quindi, della Scuola dei pittori. I documenti veneziani non lo ricordano tra il 1517 e il 1524; fu infatti a Bergamo, come confermano i dipinti da lui eseguiti in quella città. Sono firmati e datati, oltre al potente Ritratto di gruppo della famiglia Albani (1519, Bergamo, collezione Roncalli), la Resurrezione di Cristo (1520, Milano, Pinacoteca di Brera) e la Madonna e il bambino, con offerente (1520, Bergamo, Accademia Carrara). È proprio in questi anni che il Cariani ebbe le prime commissioni di rilievo e che, conseguentemente, acquistò maggior credito. È documentato di nuovo a Venezia nel 1524, nel 1532 (membro della Fraglia dei pittori), nel 1534 (per una seconda figlia adottiva, Perina), nel 1537, 1538, 1540, 1541 (nel quale anno contrae un secondo matrimonio, dopo quello con Joanna Nadal), e nel 1544. Le opere ricordate dal Michiel sono anteriori al 1532, se non al 1530, mentre il ritratto del Cittadino di Norimberga (Vienna, Kunsthistorisches Museum), firmato, dall'iscrizione fu dipinto tra il 1536 e il 1540. L'ipotesi di un altro periodo di residenza a Bergamo tra il '28 e il '30 circa, non è documentata. Ci aiutano le opere, se non datate, firmate, come era consueto fare Cariani: il Ritratto di Giovanni Benedetto da Caravaggio (Bergamo, Accademia Carrara); il Ritratto d'uomo (ibid.); il Ritratto di gentiluomo della casa Medolago (Tulsa, Oklahoma, collezione Kress); la Madonna con Sant'Antonio da Padova e il San Gerolamo (già Bergamo, collezione Frizzoni Salis); il Ritratto d'uomo (Ottawa, National Gallery); l'Adorazione dei pastori (già Londra, Sackville Gallery); il Ritratto di fanciulla in veste di Maddalena (Charlbury, collezione Mrs. Buller); il Ritratto d'uomo (Oslo, Galleria nazionale). Il fondamentale Michiel ricorda anche, oltre al sopraddetto, a Crema, nella chiesa dello Spirito Santo: «la palletta del presepio a man dextra nel corno» (se ne conservano frammenti alla Pinacoteca di Brera, Milano); a Bergamo, nella casa di Leonin Brambati: la «meza figura del Christo che porta la croce in spalla» (verosimilmente da identificare con il quadro n. 95 della Accademia Carrara di Bergamo); a Venezia, in casa di Gabriel Vendramin (il proprietario della Tempesta di Giorgione), nel 1530: «El retratto de esso M. Chabriel a meza figura al natural a oglio... in tela» (perduto); a Venezia, in casa di Andrea di Oddoni nel 1532: «L'Istoria de Traiano, cun le molte figure et li edificii antichi... ma li edificii furono dissegnati da Sebastiano Bolognese»" (perduta).
Il richiamo a Sebastiano del Piombo ci dice il perimetro delle conoscenza, delle ispirazioni, della cultura di Cariani: prima Bellini, Cima da Conegliano e Giorgione, poi Sebastiano, poi Tiziano, poi, a Bergamo, Lorenzo Lotto.
Ma la sua forza è nella verità della vita, nella quotidianità dei suoi personaggi anche biblici e storici (come nella Susanna e Daniele, da me riconosciuto in palazzo Ottolenghi ad Asti), vestiti con abiti variopinti e fantasiosi che restituiscono ai suoi dipinti una energia e una vitalità di impressionante evidenza.
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