Le fiction italiane di norma sono la quintessenza della banalità, noiose, scontate, anestetiche: scorrono lente strappando sbadigli anche a chi soffre di insonnia. Raccontano storie senza sugo, di ordinaria insipienza, cosicché sono apprezzate soltanto dalle ultime casalinghe rimaste, probabilmente ultrasettantenni che, dopo avere recitato il rosario, accendono la tv per ammazzare il tempo e, come le galline, beccano tutto, anche il bollettino meteorologico.
Alcune serie di telefilm nostrani hanno avuto e hanno successo, ma sono rarità come Don Matteo, seguito da milioni di persone per motivi ignoti, dato che le puntate sono la fotocopia l'una dell'altra e improntate a buonismo sdolcinato e sentimenti corrivi. In ogni caso davanti all'audience importante rimediata dal prete ciclista, che indossa ancora un sottanone identico a quello di don Camillo (anni Cinquanta), ci inchiniamo rispettosi, senza ironia. I prodotti migliori del filone digestivo, mandati in onda dalle emittenti nazionali, sono di importazione americana. Dobbiamo riconoscerlo: nella specialità, gli statunitensi sono dei fuoriclasse, eccellono in particolare nelle sceneggiature che sprizzano umorismo dal primo all'ultimo minuto, battute secche, ritmo elevato, il tutto valorizzato da soggetti che trattano problematiche d'attualità.
C'è una fiction su Sky irresistibilmente comica. Titolo: L'uomo di casa. Merita di essere vista non solo perché fa veramente ridere: affronta sempre situazioni in cui è facile riconoscere beghe simili a quelle che avvengono ogni giorno in qualsiasi famiglia. Il protagonista principale è tale Mike Baxter, il classico maschio conservatore americano, sessista e dominante a parole, ma soccombente di fatto, perché la moglie e le tre figlie gli concedono a malapena una dose di ossigeno sufficiente alla sopravvivenza.
L'effetto dei duelli verbali è esilarante e, al tempo stesso, dimostra in forma paradossale e assai efficace la stupidità dei conflitti ideologici (si fa per dire) che funestano l'esistenza dei contemporanei. Noi non siamo capaci di prenderci in giro, ma se i nostri comportamenti assurdi vengono interpretati da bravi attori e riproposti in uno spettacolo televisivo, allora ci rendiamo conto di essere noi stessi buffi e ci divertiamo. Assistere a una puntata dell'Uomo di casa è un salutare esercizio di autocoscienza che lascia il segno, pone in risalto la stupidità umana e ci rende consapevoli di quanto le nostre convinzioni, consolidate dalle tradizioni o, peggio, dalla moda, siano il frutto di pregiudizi.
Sia i conservatori più accaniti sia i progressisti imbevuti del pensiero unico vincente rispondono alla medesima logica, quella dell'imitazione di stereotipi imposti dai costumi in voga. Un saggio sociologico circa le tendenze pseudoculturali del momento è di sicuro meno efficace della fiction in questione, dalla quale si evince che i contrasti domestici sono la riproduzione miniaturizzata di quelli macrocosmici, cioè il paradigma di quanto avviene nell'Occidente.
La famiglia è la sintesi delle battaglie sociali, della sempiterna guerra fra generazioni. Il padre che vorrebbe essere padrone, la madre che non sa da che parte stare e finisce per mediare tra le intemperanze dittatoriali del marito e le istanze democratiche delle figlie, una diversa dall'altra e accomunate dal desiderio di mettere papi nell'angolo e di neutralizzarlo.
A incrementare le discussioni accanto al caminetto e a tavola, luogo deputato per ogni lite di qualche peso, ci sono i fidanzati, uno più idiota dell'altro, delle bambine. Il meccanismo della risata scatta automaticamente. Guardarsi allo specchio fa ghignare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.