Che scandalo il crac dell’università Sotto accusa tutto il «sistema Siena»

RomaArriva la valutazione del merito dietro la cattedra. Un meccanismo che sarà in grado di «misurare la qualità dell’insegnamento». Perché è sulla bravura, e non più sull’anzianità, che verranno decisi gli aumenti degli stipendi per i professori. La meritocrazia nella scuola, concetto brunettiano difficile da esportare in uno dei settori più blindati ai cambiamenti, è un’idea che il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ha in mente da un po’. Ora diventa un serio progetto su cui lavorare, con l’annuncio, in un’intervista ieri sul Mattino di Napoli, di una rivoluzione radicale per il corpo insegnanti da qui a un anno: «Nel 2012, con il rinnovo del contratto nazionale, vogliamo finalmente superare il meccanismo obsoleto degli scatti di anzianità, che non ci consente di distinguere fra professori bravi e quelli meno bravi. Vogliamo, invece, introdurre un sistema che premi il merito».
E’ chiaro che da ora al 2012, ossia nel corso del prossimo anno se la legislatura non subirà scossoni con nuove elezioni, «bisognerà mettere a punto - spiega il ministro Gelmini - un sistema in grado di misurare la qualità dell’insegnamento». L'organismo c’è già, ed è l’Invalsi, l’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, che sarà rafforzato. Ci si avvalerà poi della rete degli ispettori.
Le linee di azione sono già definite e andranno tutte concordate con i sindacati. Da viale Trastevere filtrano i primi particolari. Calcolare il merito di un singolo insegnante non è semplice: uno degli strumenti sarà il questionario per verificare il miglioramento degli alunni dall’inizio alla fine dell’anno. In questo modo si tuteleranno le differenze sociali e culturali delle scuole che si trovano nei quartieri più disagiati: l’importante non è il grado di cultura dei ragazzi, ma quanto la scuola in un anno riesce a farli crescere. Alla valutazione dei professori contribuiranno però anche genitori e alunni: il parametro di apprendimento non sarà l’unico criterio, ma uno dei criteri. Anche i professori hanno un’«utenza», che andrà coinvolta in questo progetto. In una prima fase sperimentale i premi saranno assegnati alle scuole, ma si proverà anche a mettere in moto il sistema della valutazione specifica per ogni insegnante.
Nell’intervista al Mattino, Gelmini spiega poi di essere riuscita a sbloccare quasi un miliardo di euro per la ricerca al sud. Sulla riforma dell’università, dice, presto arriveranno i fondi necessari: le risorse «sono sicura che arriveranno con il decreto milleproroghe di fine anno. Lo ha confermato lo stesso Tremonti. Senza riforme è vero che si raccoglie un po’ di consenso facile, come la sinistra continua a fare, ma non si dà una reale possibilità di occupazione ai giovani». Le proteste di piazza non spaventano e non sono un’anomalia: nella stagione dell’autunno «sono ormai fisiologiche. La cultura di sinistra difende solo i privilegi. E’ ora di cambiare». Il governo ha il dovere di «tenere i conti pubblici in ordine» e, nello stesso tempo, «deve puntare allo sviluppo».
Novecento milioni di euro verranno quindi assegnati tramite bando alle «quattro regioni dell’obbiettivo convergenza». Ovvero: «Campania, Calabria, Puglia e Sicilia».

Oltre a questi fondi, aggiunge la titolare dell’Istruzione, sono pronti altri «50 milioni di euro riservati ai giovani ricercatori italiani». Un premio ai «migliori» ma anche un modo per «riportare in Italia i cervelli che sono fuggiti all’estero perché qui non hanno trovato possibilità di lavoro».

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