Chi smette Mai così tanti campioni insieme

Da domani avranno tutto il tempo a disposizione per lucidare gli oltre 200 trofei cannibalizzati nel corso di una carriera costellata da encomi e soddisfazioni. Il viale del tramonto non deve essere così triste quando c'è la consapevolezza di aver vergato di pugno, anzi, con i piedi, alcune tra le più belle pagine della storia del calcio. Se ne va in pensione una squadra al completo, undici campioni che nella prossima stagione lasceranno un vuoto non solo sul manto erboso. Dalle scarpe bullonate passeranno alle pantofole senza che l'accostamento provochi imbarazzo, semmai un pizzico di giustificabile nostalgia. Per loro di sicuro, ma anche per chi ha avuto la fortuna di applaudirli condividendo dagli spalti o dal televisore gioie e dolori.
Vederli all'opera tutti assieme per un'ultima volta è impossibile, a meno di armarsi di fantasia, sistemarli in campo come omini del subbuteo e correre il piacevole rischio di ammirarli in lotta per il gradino più alto della Champions con le grandi d'Europa nelle quali hanno militato. Tra i pali Van der Sar, il lungagnone che se si esclude la parentesi torinese ha trionfato con Ajax e Manchester United. La difesa è praticamente un bunker inviolabile con Gary Neville a destra, il brasiliano Belletti sull'out opposto, l'ex pallone d'oro Cannavaro e il gigante finlandese Hyypia al centro. Il centrocampo è un mix di forza fisica e geometrie, perché Almeyda, Makelele e Vieira hanno muscoli e polmoni per consentire a Paul Scholes di inserirsi in zona offensiva a far danni. Di indiscutibile valore anche l'attacco: la rapidità di Tomasson e l'imprevedibilità di Martin Palermo sono qualità che mettono i brividi anche al fortino meglio sorvegliato.
Un dream team da sogno e una panchina di pari livello, complice la previdenza sociale che ha deciso di convocare anche l'ex laziale De la Pena, il portiere campione d'Europa con la Grecia nel 2004 Nikopolidis, il collega transalpino Coupet, il trequartista danese Gronkjaer, il playmaker argentino Gallardo, l'ariete del Penarol Diego Alonso e quello del Boca Juniors Guillermo Schelotto.
Mai così tanti campioni avevano abdicato in un colpo solo. Questione di coincidenze fortuite, di carte di identità che reclamano il riposo, di giunture che scricchiolano o più semplicemente di mancanza di stimoli.

L'inappetenza, in questo caso da leggere come sinonimo di sazietà, la si può del resto concedere a chi in certi frangenti ha rasentato l'indigestione a forza di sollevare trofei al cielo. Con loro, aldilà della retorica, davvero c'è il sentore del tramonto di un'epoca della sfera di cuoio.

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