«Lo chiamavano Attila». È un sorriso amaro quello di Anna, una delle tre referenti lombarde dell'Associazione italiana famiglie adhd (www.aifa.it). Suo figlio ha 18 anni e da cinque assume il Ritalin: «Non è stato facile prendere questa decisione, ma dopo anni di pellegrinaggi in giro per ospedali non sapevamo più cosa fare». È stato un medico svizzero il primo a diagnosticare l'Adhd al suo bambino, poi la loro vita è cambiata. «Abbiamo capito che non era colpa nostra, né di nostro figlio, ma della malattia. Con l'arrivo dei primi buoni risultati scolastici sono arrivate le prime soddisfazioni, ha iniziato ad andare all'oratorio e ad uscire con gli amici».
Anche Giuliana fa parte dell'Associazione che raccoglie circa 600 soci, suo figlio ha dieci anni ma ha vissuto un'esperienza simile a quella di Anna: «Non era capace di giocare con gli altri bambini ed ora quando lo vedo uscire da scuola, chiacchierando con gli amichetti, per me è come ricevere un regalo stupendo». Poi precisa: «Non pensiate che sia la pillola dell'obbedienza, mio figlio è sempre vivace, fa i capricci come gli altri, però è felice perché ha smesso di sentirsi diverso».