Da anni si attendeva una mostra completa su Galileo Chini, protagonista, finalmente riconosciuto, dellarte italiana ed europea della prima metà del 900. Ora, in occasione dei cinquantanni dalla sua morte, la Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma ospita fino al 10 settembre una rassegna a lui dedicata. Curata da Fabio Benzi e Mariastella Margozzi, nellallestimento felice di Federico Lardera, ci propone tutti gli aspetti di questo grande artista.
Nato a Firenze nel 1873, Chini visse la stagione simbolista della rivista «Il Marzocco», dedicandosi presto a un genere allora considerato marginale come la ceramica. Nel 1896 fonda la manifattura «Larte della ceramica» che si impone subito per i motivi floreali di raffinata composizione e per i volti di donne che ricordano Botticelli. Allinizio del Novecento, le ceramiche di Chini sono già caratterizzate da temi e figurazioni che anticipano lart déco. Nel 1900 ottiene con le sue opere il Grand Prix allEsposizione Internazionale di Parigi. Ancora giovane è già un protagonista dellarte italiana, che guarda fuori dei nostri confini, in particolare a Klimt. Quattro anni più tardi, è presente alla Secessione di Monaco dove espone opere molto apprezzate. Daltra parte Chini ha una concezione nuova delle cosiddette «arti minori». Le sue squisite ceramiche non sono create per pochi raffinati collezionisti, ma vengono prodotte in grande quantità, e introducono nelle case della media borghesia il gusto inedito dellart nouveau.
Con altrettanto rigore e con forza dinvenzione Chini si dedica alla pittura decorativa, dove raggiunge risultati sorprendenti nei saloni della Biennale di Venezia, ma anche in alberghi, terme, banche, teatri. La Primavera che eternamente si rinnova con il suo sfavillante decorativismo e con le sue eteree fanciulle ha una qualità per nulla inferiore a tante opere di Klimt, lartista più amato da Chini. La sua pittura da cavalletto, di matrice divisionista, ha in Previati, piuttosto che in Nomellini e in Pellizza da Volpedo, un punto di riferimento preciso. Ma è anche vero che Chini guarda al simbolismo europeo, ad artisti come Munch, Redon e Rodin. Il pittore degli esordi e della prima maturità è presente in mostra con opere sorprendenti come lAutoritratto, Icaro, Le frodi, Gli Uguali, ma anche con la raffinatissima Chiesa della Salute e punta della Dogana di Venezia.
Ormai ha una visibilità europea, eppure non si accontenta dei risultati raggiunti. Lo conferma nel 1911 accettando linvito del re del Siam di lavorare a Bangkok alla Sala del trono del Palazzo Reale. Il soggiorno, che si prolunga per ben due anni, è unesperienza ricca di suggestioni. È vero che Chini porta la sua cultura occidentale e i suoi colori vibranti, ma il contatto con la religiosità di quel mondo dà alle sue opere una singolare ieraticità. Nella mostra spiccano emozionanti paesaggi, magici interni di templi buddisti, coinvolgenti ritratti di danzatrici anche nude, nature morte di incomparabile bellezza.
Rientrato in Italia, espone con grande successo i suoi lavori alla Biennale di Venezia e partecipa alle mostre della Secessione Romana. Dal dopoguerra privilegia la pittura decorativa dove, come nelle Terme di Salsomaggiore, esalta con i suoi colori cangianti il giapponismo e la cineseria che lavevano coinvolto così profondamente. Alla fine degli anni Venti ritorna alla pittura da cavalletto con un «impressionismo interiore», come è stato definito, che gli permette di creare tanti capolavori. Sono proprio essi ad accostarlo a un grande artista, oggi finalmente riconosciuto come tale, qual è Pierre Bonnard. I colori di Chini diventano sempre più luminosi e smaltati, sia nelle nature morte, sia nei paesaggi dellamata Versilia e nei bellissimi nudi. La personale nel 1931 alla Galleria Bernheim-Jeune di Parigi è la consacrazione di questa sua nuova fase. Fabio Benzi, nelleccellente catalogo edito da Electa, nota che «nel piacere puro della pittura, nella felicità e nella gaiezza di espressione, si situa il centro dellaspirazione di Chini a partire dal periodo siamese, negli anni Venti e Trenta: oltre che in quel sentimento proprio di Bonnard di impressione trasfigurata nel ricordo, nella riflessione, nella distillazione emotiva».
Lultimo periodo dellattività di Chini è segnato, però, dalla sua emarginazione dal mondo dellarte, ormai dominato da correnti del tutto estranee alla sua visione. Egli non si adegua, come fanno altri suoi colleghi, ma ritorna anzi alle sue radici simboliste, ispirandosi al Previati mistico.
LA MOSTRA
Galileo Chini
Roma, Galleria Nazionale dArte Moderna.
Catalogo Electa. Fino al 10 settembre.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.