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Chiusi in un simulatore per 520 giorni: destinazione Marte

Sono pronti per «tornare sulla Terra» i sei astronauti - tre russi, un cinese, un francese oltre all'italo-colombiano Diego Urbina - che hanno simulato per quasi un anno e mezzo un viaggio verso Marte, chiusi in una copia esatta di navicella spaziale vicino a Mosca.

Sono pronti per «tornare sulla Terra» i sei astronauti - tre russi, un cinese, un francese oltre all'italo-colombiano Diego Urbina - che hanno simulato per quasi un anno e mezzo un viaggio verso Marte, chiusi in una copia esatta di navicella spaziale vicino a Mosca. Dal punto di vista scientifico è un successo, nonostante la missione reale possa avere luogo verosimilmente solo tra una trentina d'anni. Avviato il 3 giugno 2010 presso l'Istituto russo di problemi medico-biologici (IMBP) alla periferia di Mosca, l'esperimento della durata di 520 giorni è servito a simulare il tempo necessario per raggiungere Marte, quasi 250 giorni, per passare un mese di esperienza sul Pianeta Rosso, e il ritorno sulla Terra. Il vascello è diviso in tre moduli: Abitativo, Medico e Manutenzione. L'equipaggio che «torna a terra» venerdì prossimo ha un'età compresa tra 27-38 anni (tre ingegneri, un medico, un chirurgo e un fisico). La comunicazione dei cosmonauti virtuali con i team tecnici e le loro famiglie è stata in gran parte via e-mail, con un ritardo 40 minuti per simulare la distanza. Inoltre nel mese di febbraio, tre di loro sono stati separati dal gruppo per effettuare una simulazione sul «suolo marziano». Lo scopo della missione è studiare gli effetti sugli uomini di isolamento, mancanza di luce naturale e aria fresca, e la limitazione di contatti umani. E in questo progetto l'Italia è in prima fila non solo perché ha un uomo all'interno dei simulatori, ma perché università e industrie private hanno dato un consistente contributo in termini di uomini e finanziamenti. L'Università di Bologna, di Milano e della Tuscia, il Cnr di Pisa, l'Inrca di Roma e la fondazione Maugeri di Milano hanno messo a disposizione laboratori e scienziati. Varie aziende, invece, tra cui Granarolo, Coswell, Colussi e Sofar, hanno finanziato le ricerche e sviluppato prodotti per l'alimentazione degli astronauti, il monitoraggio della loro salute ed eventuali interventi terapeutici. La missione Mars 500 non nasce dal nulla: è stata preceduta da due esperimenti di durata inferiore: il primo, che ha comportato un isolamento dei volontari per 14 giorni, si è concluso nel novembre del 2007; il successivo, che ha avuto termine nel luglio del 2009, è invece durato 105 giorni. Un tentativo di questo genere non è esclusiva dell'Agenzia Europea: anche la Nasa è interessata a raggiungere Marte e già nel 2008 alcuni ricercatori del Mit passarono due settimane nel deserto dello Utah per ricreare le condizioni ambientali di una permanenza sul pianeta. Secondo recenti stime, una missione su Marte costerebbe intorno ai 160 miliardi di dollari. E a oltre a Russia, Cina ed Europa, Obama e la Nasa puntano proprio su questo obiettivo per rilanciare le missioni Usa. Ma la soluzione più ovvia che balza alla mente è una missione di respiro mondiale, che coinvolga il maggior numero di Paesi della Terra per ottenere le risorse necessarie a mettere in piedi tutto il necessario. Tuttavia in America una delle proposte avanzate è quella di una sponsorizzazione della missione da parte delle grandi corporazioni.

L'idea della Nasa prevede la partecipazione di multinazionali del calibro di Google e Microsoft in un progetto, che ovunque raccimoli i fondi, sarà titanico.

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