Lidea di Umberto Groppi, assessore alle Politiche culturali di Roma, è stata geniale nella sua semplicità. Si trattava di dare un senso a una notte bianca ludica e sprecona, senza dare limpressione di togliere, ma di aggiungere. Groppi ci è riuscito trasformando la notte bianca in una notte futurista e prendendo parecchi piccioni con una fava sola. Di notti bianche specialmente nel contenuto ne avevo le tasche piene persino io, che organizzai la prima, undici anni fa, come assessore al Dissolvimento dellOvvio di Soveria Mannelli, in Calabria. Facendo un ulteriore passo nel dissolvimento dellovvio (il divertimento e lo stare svegli spesso fini a se stessi), Roma riempirà quella notte di contenuti culturali e artistici anche inaspettati. Per di più appartenenti a una cultura e a unarte, quella futurista, che per essersi contaminata con il fascismo rischia di essere sottovalutata persino nel centenario del Manifesto di Marinetti, il prossimo 20 febbraio.
Una prima indicazione che darei alle politiche culturali della destra, dunque, è di non vergognarsi di rivalutare e rivitalizzare ciò che di buono fu fatto in Italia durante il famigerato ventennio, dallarchitettura razionalista a un design già allavanguardia. Senza per questo cadere nella trappola della sinistra, che continua nellesercizio retorico di paragonare Bottai a Bondi, con lintento malanimoso di svilire lattuale ministro dei Beni culturali in un confronto che non ha senso: è una sinistra che, non avendo proposte nuove, è disposta a osannare il ministro di Mussolini pur di abbattere quello di Berlusconi. (E mi viene da sorridere ricordando che trentanni fa venni sospettato di fascismo per avere riscoperto Bottai, oggi quasi un cult della sinistra.) Sarebbe sufficiente ribattere che Rutelli non ha dimostrato di avere le stesse doti intellettuali di Gramsci. Giuseppe Bottai fu un grande ministro che seppe, con decenni di anticipo, difendere i beni culturali e paesaggistici esistenti, nonché sviluppare e stimolare la nuove iniziative che continuassero a arricchire il nostro patrimonio artistico. La sua politica, in questo senso, è entrata a far parte del dna di tutti i ministeri dei beni culturali del mondo, ne costituisce labc. Stare a rivangare il suo operato e riproporlo, dopo settantanni, è più uno sgambetto che uno stimolo.
Allo stesso modo sembra uno sgambetto, o uninciampata, la tesi di chi sostiene che gli italiani vanno rieducati al culto della Bellezza e della Cultura, dando per scontato che quel culto labbiamo perso. Non si perde, nel giro di una o due generazioni, unabitudine al gusto del bello che gli italiani hanno accumulato in un millennio di vita in mezzo a capolavori di ogni genere, naturali e artistici. Le punte di eccellenza del nostro design e della nostra moda sono lì a dimostrarlo. È accaduto, piuttosto, che anche il senso della bellezza ha subito gli effetti della globalizzazione. Attraverso la facilità dei viaggi e grazie allenorme quantità di immagini di cui disponiamo ogni giorno, tutte le società evolute hanno acquisito il senso del bello, ma allo stesso tempo lhanno standardizzato e frammentato. Per fare un esempio, tutti gli europei hanno negli occhi, ormai, le meraviglie di San Gimignano o della Cappella Sistina, come tutti gli italiani hanno negli occhi i capolavori dellantica architettura orientale e la magnificenza di grattacieli sempre più alti, sempre più audaci e eleganti, qua e là per il mondo. Insomma, abbiamo il più grande patrimonio artistico del passato, ma non abbiamo più il monopolio del bello e del colto.
Ora, bisogna creare un bello nuovo che come sosteneva centanni fa Filippo Tommaso Marinetti, grande italiano vilipeso vada al di là dellarte. Conservare e valorizzare lesistente, certo. Digitalizzare e informatizzare biblioteche e archivi, ovvio. Detassare le donazioni a favore della cultura e incrementare, anche con misure fiscali, la lettura, naturalmente. Migliorare i nostri istituti di cultura allestero, va da sé. Eccetera: è labc. Ma una politica culturale lungimirante deve soprattutto stimolare la creatività, patrimonio prezioso e vilipeso del nostro popolo. Si creino scuole di eccellenza in ogni ramo del sapere, senza badare allegualitarismo a tutti i costi e ai baronati di qualsiasi origine e colore. Scuole dove davvero possano insegnare e imparare i migliori, con stipendi adeguati per gli insegnanti e il mantenimento generoso dello Stato per gli allievi meno abbienti. E quando dico ogni ramo del sapere intendo tutti, nessuno escluso.
Lanno prossimo ci sarà il centenario del futurismo, un movimento che studio da abbastanza tempo per sapere che del futurismo si dirà - anche - ogni possibile, vecchia sciocchezza. Come le ironie sul punto 4 del Manifesto, per cui un automobile ruggente può essere più bello della Vittoria di Samotracia. È vero. Come è vero che la bellezza del futuro sarà anche - quella della tecnica e della scienza. Per questo il governo sbaglia, quando taglia i fondi per la ricerca, che è come amputarsi una fetta di futuro, di cultura e di bellezza.
Giordano Bruno Guerri
www.giordanobrunoguerri.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.