Ciclismo

Laura Kenny, la campionessa che rinuncia alle Olimpiadi per i figli

Sorpresa per il ritiro a soli 31 anni della star britannica del ciclismo su pista: ha vinto 6 medaglie olimpiche, ma rinuncia alla sua vita da atleta per stare con la famiglia. Alimentando la discussione sugli ostacoli che ancora oggi incontrano le donne che vogliono fare carriera

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Laura Kenny, la campionessa che rinuncia alle Olimpiadi per i figli

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Lei l'ha dichiarato placidamente, senza ripensamenti: durante gli allenamenti ha avvertito che le mancava la spinta giusta. Non si è trattato di una carenza di motivazioni dettata da una bacheca personale satura: è vero, Laura Kenny - trentunenne di Harlow, nel profondo Essex - ha già vinto sei medaglie olimpiche ed è una star indiscussa del ciclismo su pista. Ma si sentiva tirata per la maglia da un'altra esigenza, molto più pressante. Il tempo che dedicava allo sport agonistico, con quelle infinite trasferte in giro per il globo e le estenuanti sedute di preparazione, era tutto sottratto ai suoi due figli piccoli. L'assenza di quelle emozioni che non si sarebbero mai composte, ha riflettuto Kenny, rischiava di pesare di più. Meglio allora viverle per sedimentarle nei ricordi, anche se il prezzo da pagare è squassante: riporre la bici in garage.

Dev'essere stata certamente dura, considerato che Laura, trasferitasi quasi subito nell'Hertforshire insieme ai suoi, aveva iniziato a pedalare già all'età di 8 anni, per accompagnare lungo gli umidi selciati britannici la madre Glenda, desiderosa di perdere peso tramite quell'attività. Solo che la piccola sfrecciava e se ne erano accorti tutti. La passione sgorga rapida: prima il ciclismo su strada, poi quello su pista. Ovunque si presenta, da adolescente a donna, vince. Fa incetta di ori, argenti, bronzi. Con un feeling peculiare, si diceva, per le Olimpiadi. Nel frattempo passano gli anni e arriva il legame con il compagno Jason, anch'esso campione di alto lignaggio in queste specialità.

Adesso stava preparando le Olimpiadi parigine, ma poi qualcosa dentro di lei si è come rotto. "Lasciare i bambini e la famiglia per allenarsi e gareggiare è un sacrificio pesante. Ho cominciato a notare che quando i colleghi mi chiedevano dove sarei andata a prepararmi e quali gare avevo intenzione di disputare pensavo alla separazione con dispiacere. Ho sempre saputo che a un certo punto sarebbe arrivato il momento di lasciare", ha dichiarato ieri ai media del suo paese. Spiazzando tutti quanti, perché il ritiro anticipato della maggiore esponente del Regno Unito nella categoria, della campionessa che avrebbe potuto sollevare ancora in alto il vessillo di sua maestà, era un'ipotesi semplicemente non contemplata.

KENNY
Laura Kenny in pista (Lapresse)

Eppure la scelta di Kenny si inserisce dentro un solco tutt'altro disabitato. Il tema del rapporto tra carriera e famiglia per le donne, mentre corre l'anno domini 2024, continua a lasciare in dote lividi difficilmente assorbibili. L'ultima in ordine di tempo, prima che lo facesse poche ore fa l'eccelsa cliclista, era stata la cantante Lily Allen che, parlando delle sue figlie, aveva detto: "Le adoro, ma mi hanno rovinato la carriera". Tranchant sarebbe riduttivo. La lista è lunga e comprende star a vario titolo e persone comuni che hanno deciso di fare un passo indietro per non dover rinunciare al rapporto con i figli, denudando tutti i limiti di uno scenario grottesco: conciliare questi due emisferi di vita, se sei una donna, continua ad essere molto più difficile.

La rappresentazione plastica e priva di reticenza di questo disequilibrio sta nella presa di consapevolezza di Laura Kenny: "Come donna mi sento appagata, come sportiva anche ma non è stato facile. Forse avrei potuto — ha sottolineato — rimettermi ad allenarmi in modo serio e disputare un’altra olimpiade, ma ne sarebbe valsa la pena? C’è in gioco non solo la tua felicità ma anche il tuo equilibrio".

Eppure, là fuori, per eserciti di maschi non si applica lo stesso principio: è un crinale della nostra storia comune dal quale non si intravede ancora una discesa.

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