Cimeli e alta moda Al castello i tesori del vintage

GLI ESPERTI «Le fonti migliori sono i privati. Poi intervengono sarte e rammendatrici»

Cimeli e alta moda Al castello i tesori del vintage

S e Tom Ford, lo stilista che ha rilanciato Gucci e Yves Saint Laurent, dice che il più bel negozio del mondo è «Lily et Cie», una bottega di Los Angeles dove si può comprare solo «usato d'autore», una ragione ci sarà. Un fascino sottile avvolge i vecchi abiti, quegli abiti così diversi dalle creazioni di oggi, dove ogni bottone pare attaccato ad arte e perfino l'etichetta ha un valore. Quegli abiti che hanno vissuto tempi diversi, quando una signora doveva avere un vestito nuovo per ogni serata e la parola minimalismo non era stata ancora inventata. Fino a domani nel Castello di Belgioioso il vintage celebra le sue giornate più importanti con una grande mostra mercato, il Next Vintage che, alla sua 19esima edizione (e più di 10mila spettatori registrati lo scorso anno), ha raggiunto gli onori di cronaca come la più prestigiosa fiera della moda (dell'usato) di lusso d'Europa. Tre secoli di storia, dal '700 agli anni '80, racchiusi nelle trame di un tessuto, nel risvolto di una gonna, nel bottone di una giacca, da rivivere negli spazi di oltre 50 espositori e da portare comodamente a casa, a un prezzo che va dai 50 fino ai 12mila euro che servono per una borsa di Hermès. Un consiglio, che arriva dritto da uno che questo mestiere lo fa da vent'anni, e a Milano non ha un negozio ma un tempio dell'usato chic: «Per diventare professionisti del vintage - spiega Franco Jacassi - occorrono tempo, passione e fiuto. I manuali con le quotazioni e i segreti, quelli che servono a distinguere le vecchie etichette di Chanel senza le due C intrecciate, o quelle di Pucci prima che comparisse la dicitura “srl” accanto al nome, sono solo inglesi o americani». Trovare buoni capi sembra dunque difficile, e più difficile ancora è trovarli intatti. «Spesso - racconta Gloria Spaini, organizzatrice della fiera e vintage victim - le fonti migliori sono i privati, signore non più giovani o eredi che si sono ritrovati in casa abiti da cocktail degli anni '60 o i capi, divertentissimi, del decennio successivo, e hanno avuto la felice intuizione di non buttarli via». «Il vero vintage - continua Claudia Jesi, titolare del negozio milanese Cavalli e nastri che propone in fiera, tra gli altri capi, un paio di scarpe Cislaghi anni '50, cucite a mano, e una cravatta in seta di Hermès degli anni '60 - parte dagli anni Venti e arriva al massimo ai primi anni Ottanta: qualche abito da sera di Thierry Mugler, qualche borsa, qualche cintura. Una volta scovati i “tesori“, intervengono le rammendatrici, sacerdotesse di un'arte ormai rara che cancella i segni del tempo». Le sarte però non fanno i miracoli, e in fondo il vintage è drastico, o ti va a pennello o non puoi sperare di chiedere un'altra taglia. E poi è misterioso (gli abiti hanno girato il mondo, passando di mano in mano) e originale: dà la garanzia che nessun altro ci si paleserà di fronte con lo stesso abito. Ma non è per tutti. «Il vintage, quello vero, è solo per gente di gusto», ci dicono dal negozio milanese Elizabeth The First, che ospita abiti d'epoca in linea con le tendenze fashion del momento, come un bel giubbino in pelle firmato Courrèges. I signori del vintage sono dei collezionisti. Non smettono di fare ricerca sui libri, nei mercatini delle pulci, alle aste. Jacassi percorre 50mila km all'anno, dalla Francia alla Spagna all'Inghilterra. È così che ha scovato i trench e i «killer coat» (cappotti) Burberry e Aquascutum Anni 70, che sono anche l'ultima moda dell'inverno.

Tra i pezzi più esclusivi in mostra ci sono una tuta nera anni Settanta di Ysl, il set di Chanel composto da parure e cintura in raso di seta con catena e medaglione dorati e una borsa matelassé nera firmata Coco Chanel, con doppio scomparto e catenella dorata. Da non perdere, un raro orologio da uomo Patek Philippe in oro giallo, risalente agli anni Trenta ma già impermeabile, con cassa sigillata grazie a quattro microleve.

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