Mondo

Il cimitero vivente del padre di tutte le Scientifiche

John ha più o meno trent’anni ed è qui da una settimana in attesa di testimoniare. È la prima volta che si trova in una situazione del genere. Consuma l’attesa seduto su una delle panchine del bosco, non dice una parola. Vera invece è rimasta in macchina. L’hanno tenuta qui perchè non ha ancora detto tutto quello che gli inquirenti vogliono sapere da lei. Sono convinti sia una miniera di informazioni. Poi c’è George. È l’unico del gruppo che ha precedenti penali. Vecchie questioni legate alla droga. Sta un po’ defilato, non dà molta confidenza. Aspetta, come tutti. Li chiamano collaboratori di giustizia, la polizia conta molto su di loro. Ma sono testimoni strani. John, Vera e George sono morti. Sono testimoni morti.
Ce ne sono a decine di testimoni così in questa sala d’attesa a cielo aperto, di Knoxville, nel Tennessee, ottomila metri quadrati di bosco recintato e inaccessibile. Sono nascosti tra gli alberi, chiusi dentro i bagagliai, sepolti in fosse poco profonde, sommersi nell’acqua. Resti di persone che hanno deciso di regalare il proprio corpo alla scienza. O cadaveri che nessuno ha mai reclamato. La chiamano la «Fabbrica dei corpi», è di proprietà dell’Istituto di ricerca antropologica. Ed è meglio non entrare se non avete stomaco. Perchè è l’unico laboratorio al mondo dedicato alla ricerche sulla decomposizione umana. Perchè è un posto dove i morti parlano. E incastrano gli assassini.
Il dipartimento di antropologia legale è alloggiato nelle viscere del Neyland Stadium di football americano e ha come distintivo, tanto per non distrarsi, un teschio con due sciabole incrociate. E nel buio dei corridoi scheletri, vertebre, crani. Gente che ti fissa senza vederti. In questo bosco dei morti viventi Robin Hood ha 75 anni ed è una leggenda della medicina legale. Bill Bass non solo ha risolto centinaia di casi di omicidio, scritto più di duecento pubblicazioni scientifiche, istruito da solo metà degli anamatopatologhi degli Stati Uniti. Ma ha anche prestato una vita, la sua, a Lyall Shade, protagonista del best seller La fabbrica dei corpi di Patricia Cornwell, e a Gil Grissom, il capo di Csi Las Vegas, nella serie tv più popolare d’America. Bill ha fatto della morte una ragione di vita. Spiega: «Se la mia esperienza può servire a liberare la società anche solo da uno di quei mostri che uccidono la gente allora i miei anni di studi e di ricerche non saranno stati inutili».
Con quello che rimane di una vita si possono identificare persone, risolvere misteri, chiudere casi. Gli insetti possono stabilire il momento esatto di un decesso, i batteri scandire le ultime ore della vittima. Tempi e processi della decomposizione ricostruiscono come in un puzzle la scena del delitto, quello che è successo prima e dopo l’omicidio, il tipo di vita della vittima, le ferite dell’anima che si portava dentro. Persino se aveva mal di denti quando l’hanno uccisa. Ogni morte ha vita a sé, ogni morte può spiegarne un’altra. Gli esperimenti del dottor Bass sono serviti a costruire un database unico al mondo e mettere a punto tecniche di ricerca sempre più sofisticate. Solo gli odori per esempio hanno consentito di creare tabelle olfattive per produrre spray sintetici utili ad addestrare cani a fiutare cadaveri. Bill non è tipo con la puzza sotto il naso. Ma ci sono cose che fanno rabbrividire anche lui: «Non sono i corpi martoriati dei bambini a sconvolgermi, ma la vista di un triciclo nel cortile, i giocattoli, il ricordo della vita che erano e non saranno più».
Intanto al bosco è arrivato Frankie. È un senzatetto di Baltimora, è qui per testimoniare contro il serial killer del Delta. È già una star: ogni tre ore gli scattano una foto in digitale. Non ha mai conosciuto l’assassino, mai saputo niente di lui, mai nemmeno stato sul delta del Mississippi. Impossibile che abbia visto qualcosa. Frankie ha lo sguardo cieco di chi ha le orbite vuote. Ma, chissa perchè, sembra che rida..

.

Commenti