Ai giullari piace sempre il denaro del Principe

Ci sono registi e attori che ricevono l’obolo statale da sempre, eppure si atteggiano a ribelli contro il sistema

Ai giullari piace sempre il denaro del Principe
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La disputa sul cinema, iniziata con il botta e risposta tra Elio Germano e Alessandro Giuli, prosegue e anzi minaccia di estendersi. Come sempre, i soldi sono il vero nodo della contesa. In sintesi brutale ma credo non partigiana: la sinistra chiede che tutto prosegua come negli anni del ministro Franceschini, fondi e sgravi fiscali a pioggia; la destra, fatti due conti, nega che sia possibile proseguire in questo modo, con l’elargizione di mance anche a film che non arrivano nelle sale (ce ne sono, e tanti). Poi ci sono le questioni di orticello: la sinistra non può tollerare che la destra provi a mettere mano alla cultura in generale e al cinema in particolare.

Potremmo dire che il problema è mal posto. Un ragionevole finanziamento potrebbe essere utile ma ancora più utile sarebbe osservare le regole del mercato. Di per sé il credito d’imposta ( tax credit) è una bella cosa. Si tratta infatti di riconoscere a taluni ambiti la possibilità di avere una tassazione inferiore. In altri termini, lo Stato, vero socio occulto, decide di astenersi un po’ nel prelievo della nostra ricchezza. Nel caso del cinema, però, ci si trova in una situazione assurda: oltre al tax credit ci sono i finanziamenti ed entrambi sono finiti, negli ultimi tempi, nelle tasche di produzioni fantasma, nel senso che i film non li ha visti nessuno. Ma c’è un altro tema.

Ci sono registi e attori che ricevono l’obolo statale da sempre, eppure si atteggiano a ribelli contro il sistema.

Chiamiamoli invece con il loro vero nome: artisti di Stato, sempre in linea con certo conformismo di sinistra, mai un’idea “sbagliata”, un sussulto

d’originalità, un momento di libertà. Non se lo possono permettere: alla lunga verrebbero emarginati. È una vecchia storia. Agli artisti piace il denaro del Principe. Il Principe paga ma esige obbedienza. Il miglior servo è sempre colui che finge indipendenza mentre rilancia le parole d’ordine del regime.

Forse, se i film italiani osassero uscire dal recinto del

noto potrebbero anche essere interessanti. Non è che ci manchino gli artisti. È che chiedere soldi pubblici significa accettare di giocare con le regole del potere politico. Che non sempre vanno bene per le opere d’arte.

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