
da Venezia
C’è una bara su un treno che fa il giro d’Italia accolta tra ali di folla in lacrime e preghiere. Qualcuno potrebbe pensare che sia quella di Eleonora Duse visto che il titolo del nuovo film di Pietro Marcello, presentato in concorso alla 82a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è proprio Duse . Ma il regista scarta subito il ritratto interessato a tutta la parabola con la vita e le opere della più grande e più influente attrice di tutti i tempi. Ecco dunque che le incredibili immagini d’archivio raccontano del viaggio che condusse la salma del Milite Ignoto da Aquileia a Roma nel 1921. Intendiamoci, il film è documentato e restituisce con i costumi e le scenografie (10,5 milioni di euro il budget del film prodotto da Palomar e Avventurosa con Rai Cinema e Piperfilm) la figura dell’attrice ma si concentra solo sugli ultimi anni della sua vita, tra il 1917 e il 1923 (un anno prima della morte), «quando Eleonora Duse – scrivono nelle note gli sceneggiatori Letizia Russo, Guido Silei e lo stesso Marcello – affronta il suo bilancio finale: con l’arte, con il proprio corpo, con la maternità, con D’Annunzio, con la storia d’Italia». Il regista, nato tra gli archivi e i documentari, sceglie di «non raccontare semplicemente chi fosse la Duse attraverso un biopic, ma l’anima di una donna nel suo tramonto».
Per riuscire in questa impresa ardita ha arruolato una delle nostre interpreti più peculiari e spiazzanti, Valeria Bruni Tedeschi ( nella foto, i due insieme sul red carpet ), che restituisce nonostante gli occhi azzurri («Se avessi messo le lenti a contatto nere, avrei indossato una maschera », dice l’attrice) l’anima inquieta di un’attrice che influenzò spettatori d’eccezione come Silvio D’Amico, Mario Apollonio e un giovane Piero Gobetti: «Lei non si sentiva una star. La cosa più importante è che lei voleva migliorarsi artisticamente ed era molto attenta agli altri e alla loro fragilità. Tutto questo mi commuove», racconta l’attrice che si è concentrata molto nella lettura della biografia di William Weaver e che, sulla preparazione del personaggio, rivela di aver fatto quasi delle sedute spiritiche, «una serie di riunioni in cui parlavo con queste persone che mi aiutano a lavorare, che siano morte o vive, ci sono tante persone nella mia stanza. Poi andavo sul set e mi sentivo forte».
Tre le grandi linee narrative del film che uscirà nelle sale il 18 settembre e che è già stato nominato «Film della Critica» dal Sindacato nazionale critici cinematografici italiani, quella del teatro con Ermete Zacconi e la sua compagnia che favorì il suo ritorno sulle scene, il 5 maggio 1921 a Torino, con La donna del mare , lo stesso testo con cui aveva lasciato il teatro nel gennaio di dodici anni prima. Molto bella la sequenza con lo scontro con l’altra grande del teatro, Sarah Bernhardt interpretata da Noémie Lvovsky, superata artisticamente proprio da Eleonora Duse. C’è poi quella familiare con il complesso rapporto con Enrichetta, la figlia unica interpretata dall’attrice Noémie Merlant: «Lei diceva che “il mio amore è Enrichetta” ma non riusciva a trovare il linguaggio giusto con le», dice Valeria Bruni Tedeschi che, sulla famiglia, aggiunge: «A volte è un posto molto violento, il luogo della vera guerra personale. Spesso diventando adulti si trova la serenità mentre la Duse non ci è riuscita». C’è infine il difficile rapporto con Gabriele d’Annunzio a cui l’attore Fausto Russo Alesi toglie gli aspetti più crepuscolari e folcloristici, prediligendo l’ipotesi di un personaggio adulto che riflette sul tempo passato.
Con lui il personaggio del suo attendente che di nome fa Giordano proprio come la straordinaria e aderente interpretazione dell’attore, non tanto per caso, che lo interpreta, Giordano Bruno Guerri oggi presidente del Vittoriale degli Italiani.