
Nel corso della sua lunga e prolifica carriera Nicole Kidman non si è mai tirata indietro davanti alle sfide e ai ruoli più "complessi". Si pensi, ad esempio, alla sua partecipazione a Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick in cui recitava al fianco dell'allora marito Tom Cruise o al più recente Babygirl, dove ha recitato la parte di una donna con delle pulsioni sessuali diverse da quelle "standard", che la portano a provare strade diverse da quelle che la società vorrebbe per lei.
Ma se si guarda alla sua filmografia, il lungometraggio che più di tutti le ha permesso di mostrare non solo le sue capacità, ma anche di sfidare l'opinione del pubblico è senza dubbio Dogville, film diretto nel 2003 da Lars Von Trier, regista che ha fatto del perturbante e del disturbante quasi il marchio distintivo del suo stile. A Von Trier non interessa solo raccontare una storia, ma gli interessa soprattutto mettere a disagio lo spettatore, costringerlo a guardare una storia fittizia in cui potrebbe riflettersi il marcio che vive nel sottobosco dell'umanità. Presentato al Festival di Cannes, Dogville tornerà in sala nella sua versione restaurata in 4K, per tre giorni evento, dal 2 al 4 giugno. C'è da dire che si tratta di un film non adatto a tutti, tanto per lo stile registico scelto quanto per la storia che vi viene raccontata e che potrebbe sconvolgere gli spettatori più sensibili.
Stilisticamente Dogville colpisce perché Von Trier fa quasi interamente a meno della scenografia. Storicamente, questa pellicola ha un peso importante perché rappresenta un punto di cesura tra il regista e il movimento cinematografico noto come Dogma 95 (dall'anno della sua fondazione, il 1995). Dogma 95 aveva un suo manifesto, una lista di regole da seguire più o meno pedissequamente per riportare il cinema alla sua natura originale, realista, priva di effetti speciali e "scappatoie". Ma con Dogville Von Trier - co-fondatore di Dogma 95 - crea un film che fa dell'astrazione geografica uno dei suoi elementi fondanti. Tutto il film è ambientato infatti in questa cittadina di cui non si conosce l'ubicazione e la maggior parte della scenografia è formata da nastro adesivo bianco a delimitare gli spazi, con gli attori che sono costretti a mimare la presenza di porte, sportelli e pareti, come se ci si trovasse su un palcoscenico teatrale e si stesse assistendo a una pièce del teatro dell'assurdo. Già solo questa scelta stilitica porta a un forte senso di alienazione nello spettatore, che non trova nessun vero punto di riferimento e che, anche a causa della lentezza con cui si svolgono gli eventi, si immerge sempre di più nel mondo di Dogville, senza però sentirlo familiare o accogliente. E di certo la storia non aiuta a migliorare questo stato d'animo.
La trama di Dogville, infatti, ruota intorno al personaggio di Grace (Nicole Kidman) che, dopo aver incontrato Tom (Paul Bettany) decide di seguirlo a Dogville, paesino nei pressi delle Montagne Rocciose abitato da persone amichevoli e accoglienti. Grace è in fuga da alcuni gangster che le stanno dando la caccia e per ringraziare i cittadini che accettano di nasconderla, si rende utile alla comunità per un tempo di prova di due settimane. Passato questo lasso di tempo, tutti gli abitanti di Dogville si sono affezionati alla donna, apprezzando il suo lavoro. Mentre tra Tom e Grace sembra nascere un forte sentimento, il malumore della cittadina comincia a crescere quando si diffonde la notizia che la donna potrebbe essere una ladra. Grace, dunque, accetta di lavorare di più e di guadagnare meno per ringraziare ancora una volta coloro che le mostrano fiducia. Ma per la donna sarà l'inizio di una parabola discendente: mentre la stanchezza comincia ad avere la meglio, spingendola a commettere errori e a non fare attenzione, i suoi concittadini cominciano a considerarla una sorta di sfogatoio. Iniziano così per Grace abusi sessuali ripetuti e di gruppo, torture e umiliazioni. Una vera e propria discesa infernale, tanto per la vittima quanto per i carnefici. Lars Von Trier non risparmia niente allo spettatore e mette in scena la facilità con cui un essere umano può diventare uno schiavo e la velocità con cui un altro può trasformarsi in un mostro solo perché non più "incatenato" alle regole della società.
L'annichilimento di un essere umano, brutalizzato e torturato, viene raccontato da Von Trier con una formalità stilitica così fredda e distaccata da far aumentare il senso di disgusto in chi guarda, al punto che Dogville può rientrare senza sforzo nella lista di quei film che, dopo essere stati visti una volta sola, diventano a loro modo indimenticabili- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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