Ferruccio Gattuso
Il grand chapiteau, come lo chiamano loro, è direttamente proporzionale ai propositi spettacolari dell'impresa. E alle aspettative del pubblico, che ormai ben conosce quale sia il marchio di fabbrica del Cirque du Soleil. Più di tremila metri quadrati di arena coperta da un tendone imponente completato da strutture sparse su 20mila metri quadrati d'area (c'è anche una scuola per permettere ai bambini della compagnia di non interrompere gli studi), un piccolo esercito di tecnici specializzati (30) e di operai (un centinaio) al lavoro per assicurare la cornice sicura e adatta a uno show (trasportata da 42 camion) che promette di far strabuzzare gli occhi.
Fino ad oggi, il Cirque du Soleil ha partorito dalla propria fantasia e dalla propria scientifica organizzazione poco meno di una ventina di spettacoli, alcuni dei quali (al momento undici!) attraversano i continenti in contemporanea. Dalla metà degli anni Ottanta, quando il Cirque cominciò la sua peregrinazione per il globo grazie all'inventiva del canadese Guy Laliberté, almeno 50 milioni di spettatori (in stragrande maggioranza adulti, come nemmeno troppo incredibilmente affermano le statistiche) hanno assistito a uno spettacolo della compagnia, che più che tale è un esercito affollato di centinaia di artisti provenienti da 38 Paesi diversi.
Numeri, intesi come cifre, che fanno riflettere. E numeri, intesi come evoluzioni circensi, che fanno spellare le mani: la ricetta è rigorosa, e prevede l'esclusione di animali, l'utilizzo del corpo umano come veicolo e punto di incontro tra poesia e potenza, il ricorso a costumi sgargianti e di una ricchezza strabiliante. E quindi acrobati, clown, trapezisti, e l'utilizzo sobrio ma implacabile della tecnologia, con proiezioni ed effetti ottici.
Dal 23 febbraio al 26 marzo nell'area adiacente al Forum di Assago, il Cirque du Soleil mette in scena il suo ultimo rutilante spettacolo, intitolato suggestivamente Alegría: ce n'è bisogno, effettivamente, di questi tempi, in cui anche una manciata di vignette satiriche possono scatenare tsunami di rabbia, odio e, purtroppo, morte.
Un tempo si diceva: «Una risata vi seppellirà». Oggi a rischiare di seppellirci è esattamente il contrario, la mancanza di saper ridere. E dunque Alegría potrebbe essere una cura non solo per la vista, ma per il cuore. Dopo il successo del 2004, Saltimbanco, il Cirque du Soleil torna in pista con una serie di numeri come di tradizione legati da un filo conduttore tematico appena accennato e non vincolante: la storia di Alegría è quella del potere e della trasmissione del potere attraverso i tempi, dall'evoluzione dei regimi dalle monarchie alle democrazie, e del potere individuale, dall'autorità della vecchiaia all'esuberanza della gioventù.
La regia dell'italiano Franco Dragone scandisce lo spettacolo creato da Gilles Ste-Croix, con i costumi di Dominique Lemieux, le coreografie di Debra Brown e le musiche di René Dupéré: i dieci quadri dello show - dal trapezio solo e sincronizzato alle pertiche, dall'Uomo volante alla barra russa, dal contorsionismo alla comicità dei clown - vedono coinvolti cinquantatré artisti (il più giovane ha 10 anni, il più anziano 64: nessun italiano italiano nel numero, ed è un peccato, ma la selezione del Cirque, compiuta a livello internazionale, non guarda in faccia a nessuno).
Atteso tra tutti, lo show del «Power Track», realizzato da un gruppo di artisti americani del Bronx pronti a librarsi nell'aria in una coreografia di sincronismo acrobatico esplosivo per energia e velocità. Affidandosi ai trampolini, gli atleti del Power Track raggiungono altezze impressionanti.
Per coloro che ben conoscono il Cirque du Soleil c'è anche l'opportunità in dvd: basta navigare in rete per scoprire quanti spettacoli della compagnia sono stati trasferiti in digitale, da Cirque Reinventé, a Dralion, da La Magie Continue, a Quidam.
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