La città che scommette

Ormai non è più un problema di chi può giocarsi la casa, ma anche di chi ha appena raggiunto la maggiore età. Il gioco d’azzardo, che siano i cavalli o le slot machine, colpisce anche i giovanissimi: tra chi si è rivolto alle sedi milanesi dell’associazione Giocatori Anonimi ci sono anche i genitori di ragazzi di 18 o 19 anni diventati preda della patologia della scommessa. Alcuni iniziano con i siti internet dove si può giocare soprattutto a poker, altri si dedicano alla classica macchinetta del bar dove in breve spendono anche i soldi che non hanno. Molti genitori però riescono a accorgersi in tempo del problema e contattano l’associazione, dove con un impegno serio da parte del malato si può trovare l’aiuto necessario per superare la situazione.
Attraverso gli incontri di gruppo infatti le persone con un problema al gioco incontrano chi li può capire perché ha alle sue spalle lustri di esperienze provate sulla propria pelle, come Enrico che i suoi primi soldi li ha giocati quando aveva 17 anni e poi si è rovinato l’esistenza scommettendo l’impossibile sulle corse dei cavalli. Gente per la quale l’anonimato è una delle prime regole da rispettare e che negli ultimi mesi ha visto crescere le presenze alle riunioni di una dozzina di unità ogni trenta giorni. Persone di tutte le età e di tutti i generi, con in comune solo le vite mandate in frantumi dal gioco. Tra loro si trovano persone come Leo, pensionato a 47 anni quando ancora si poteva, rovinatosi proprio perché avendo tanto tempo a disposizione ha iniziato a giocare, fino a non sapersi più controllare. Il tempo libero è infatti una dei motori principali dell’avvicinamento al gioco d’azzardo, come dimostra il fatto che le giocate aumentano sempre sotto le feste. Tempo libero e voglia di arrotondare magari per comprare un regalo di natale in più.
Le storie iniziano tutte in modo simile: ho giocato le prime mille lire, o euro per le più recenti, ho vinto e poi non ho più potuto smettere anche se continuavo a perdere. «Chi gioca – spiega Enrico – non accetta la sconfitta e quindi più perde, più gioca». E intanto si perdono di vista famiglia, amici, lavoro e anche la possibilità di poter tornare un domani a giocare senza avere ricadute. Chi ci ha provato, secondo le testimonianze riportate dalla Giocatori anonimi, ha fallito perché la malattia ha subito ripreso forza. È un vortice che ora colpisce anche i giovanissimi che grazie a internet, o alla disattenzione più o meno casuale dei baristi che hanno i videopoker, approcciano presto alle scommesse. Alcune volte anche da minorenni. E questo accade in un paese dove le statistiche ufficiali dicono che il 4-5% della popolazione ha dei problemi con il gioco. Tra questi ora ci sono anche italiani appena maggiorenni e, soprattutto, i loro genitori che cercano aiuto dall’associazione le cui due sedi di Milano festeggiano quest’anno undici e dieci anni di attività. Un percorso lungo durante il quale l’associazione si è espansa e ha aperto 50 sedi in tutta Italia.
Dunque la possibilità di essere aiutati esiste e ormai è abbastanza nota anche se non pubblicizzata: l’associazione non cerca pubblicità né fondi perché si autofinanzia e il passaparola unito a internet le dà tutta la visibilità di cui necessita.

Anzi cercano di non averne troppa per conservare il più possibile la propria riservatezza e non vogliono soldi, se non quelli offerti liberamente dagli associati, per mantenere la propria indipendenza. Sul sito della Giocatori anonimi è detto chiaramente: «L’unico requisito per diventare membri dell’associazione è il desiderio di smettere di giocare».

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