Aprire un negozio: iter, requisiti e costi da considerare

L’idea di diventare capo di se stesso aprendo un’attività è accarezzata da molti. Prima di lanciarsi nel mondo del commercio, però, ci sono vari elementi da considerare. Ecco quali

Aprire un negozio: iter, requisiti e costi da considerare

A un certo punto della vita sarà balenata a molti l’idea di aprire un’attività, un negozio, per cambiare orizzonte lavorativo, diventando il capo di se stesso. Una scelta che comporta responsabilità, intraprendenza e una certa dose di pazienza. Se, infatti, le procedure odierne sono più semplici rispetto al passato grazie a decreti specifici, ci sono comunque regole precise da seguire, indipendentemente dal tipo di attività. Vediamo dunque quali sono queste regole e qual è l’iter da seguire.

Prima di tutto serve una buona idea

A meno che non si sia già convinti del tipo di attività che si vuole avviare, prima di affrontare burocrazia e costi, è fondamentale avere una buona idea. Importante, in questo senso, valutare la domanda del mercato, scegliendo bene il prodotto che si intende vendere e considerando attentamente la posizione del negozio. Il consiglio è di condurre un’analisi del mercato locale, per comprenderne tipologia di clienti e necessità, e di redigere un business plan, per verificare costi, ricavi e tempi, e non rischiare di lavorare in perdita, se non nell’immediato.

Un iter più “semplice”

Semplificato dal Decreto Bersani n. 114 del 31 marzo 1998, l’iter burocratico da seguire ha visto ristretta la necessità di una licenza per aprire un negozio a casi specifici. Prima era necessario richiedere una licenza al Comune, ora non lo è più, per molte attività. Dal 2006 non è più necessaria la licenza per attività che abbiano una superficie di vendita non superiore a 250 mq nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, o una superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti. Unica eccezione per le tabaccherie, che devono ottenere la licenza poiché vendono prodotti soggetti a monopolio di Stato.

Scia e licenza

Anche senza licenza, è però obbligatorio inviare al Comune la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività). Si tratta di una comunicazione che dichiara l'apertura di un negozio nel rispetto delle normative vigenti. Disponibile sui siti istituzionali dei Comuni, una volta compilato, il documento deve essere inviato per via “tradizionale” o telematica, almeno 30 giorni prima dell’apertura allo Sportello unico delle attività produttive (Suap) del proprio Comune, dove fra l’altro è possibile ottenere informazioni specifiche sull’apertura di un negozio nella propria città. È bene informarsi su eventuali regole regionali o comunali in materia.

La Scia è indispensabile qualora si voglia aprire un’attività di commercio al dettaglio, ma anche avviare un agriturismo o altra attività ricettiva, somministrare alimenti e bevande, avviare un’attività di commercio all’ingrosso nel settore alimentare, oltre che per comunicare eventuali variazioni nella propria attività. Bisogna anche indicare quale impatto sull’ambiente potrà avere l’attività e, per negozi e imprese che si occupano di vendite e abbiano una superficie totale della propria sede superiore a 900 metri quadrati, anche l’eventuale impatto acustico, elemento da non sottovalutare, ad esempio, nelle zone residenziali.

Quando si superano i requisiti di metratura in base alla popolazione del Comune, la Scia non è sufficiente. La licenza comunale si rende quindi necessaria nel caso in cui si apra un negozio con superficie fino a 1.500 mq nei comuni più piccoli, o si apra un negozio con superficie fino a 2.500 mq nei comuni più grandi. In questo caso, vige la regola del silenzio-assenso: se il Comune non risponde entro 90 giorni, la licenza viene concessa automaticamente.

Tipologie, categorie, requisiti

Le attività commerciali si dividono in tre tipologie, stabilite in base alla superficie, e cioè esercizi di vicinato (con superficie di vendita fino a 250 mq), medie strutture di vendita (con superficie di vendita fino a 2.500 mq), grandi strutture di vendita (con superficie di vendita superiore a 2.500 mq). Le distanze minime tra attività commerciali concorrenti non esistono più, ma è bene controllare le regole imposte dai Comuni in cui si intende aprire l’attività commerciale, oltre a considerare se sia il caso di inaugurare, ad esempio, un panificio a pochi metri da uno già esistente.

Due le categorie in cui si dividono i negozi: alimentari, per i quali è necessario iscriversi al Rec (Registro esercenti commercio), frequentare il corso Sab (Somministrazione alimenti e bevande), organizzato dalla Camera di Commercio, e avere un certificato Haccp, attestante la formazione in materia di igiene e sicurezza alimentare, in corso di validità; non alimentari, per i quali non è necessario il corso Sab, ma bisogna rispettare normative specifiche del settore, come le norme antincendio per le librerie, o quelle per etichette di abbigliamento.

Fra i requisiti cui bisogna prestare particolare attenzione, ci sono la destinazione d’uso commerciale, cioè l’idoneità alla vendita al dettaglio secondo il catasto, l’agibilità dei locali, la certificazione del Comune riguardante l’accesso ai servizi igienici, il numero di finestre e l’impianto di areazione, e le normative urbanistiche, di sicurezza e igienico-sanitarie (a volte è richiesto anche il nulla osta dell’Asl di riferimento). In ogni caso, qualunque sia il tipo di attività scelto, si devono possedere i cosiddetti requisiti morali, cioè non essere mai stati dichiarati falliti o avere condanne con periodo detentivo oltre i 3 anni e, ovviamente, non essere delinquenti abituali.

I fondamentali per aprire un negozio

Per aprire un negozio è necessario aprire una Partita Iva, iscriversi al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, mandare come detto la dichiarazione di inizio attività al Comune almeno 30 giorni prima dell’apertura, attivare una posizione presso Inps e Inail (per sé e per eventuali dipendenti), richiedere l’autorizzazione per esporre l’insegna, e ancora pagare i diritti Siae, qualora si voglia diffondere musica o video nel locale. Apriamo una parentesi: quando si vuole aprire una nuova Partita Iva, è indispensabile il codice Ateco (che sta per Attività economiche ed è formato da una combinazione alfa numerica che identifica l'attività economica svolta dall'impresa); all'apertura di una nuova Partita Iva viene data comunicazione all'Agenzia delle Entrate, specificando la tipologia dell'attività che andrà ad essere svolta.

La maggior parte delle dichiarazioni si possono inviare tramite la Comunicazione Unica, che può essere compilata sul portale del Registro delle Imprese tramite il servizio gratuito ComunicaStarweb, previa registrazione al servizio Telemaco tramite Spid, Carta d’identità elettronica o Carta nazionale dei servizi. Fondamentale inoltre disporre della firma digitale e della Pec. Oltre che sul sito del Registro delle imprese, ci si può registrare attraverso provider privati di servizi digitali. Una volta che si disponga dell’accesso, si potrà procedere con compilazione e inoltro del documento. Compilata e inoltrata la Comunicazione Unica, si riceverà in automatico alla propria Pec la ricevuta dal Registro delle imprese, che a sua volta provvederà a inviare agli enti interessati la Comunicazione. Entro un massimo di cinque giorni, arriverà una comunicazione dalla Camera di commercio del proprio territorio con la Pec della propria attività, ed entro una settimana Agenzia delle Entrate, Inail e Inps invieranno le loro comunicazioni all’interessato.

Costi da considerare

Naturalmente i costi per aprire un negozio varieranno in base all’attività, alla grandezza e alla posizione del locale.

In particolare, le spese da prendere in considerazione includono iscrizione a Inps, Inail e Camera di Commercio, affitto o mutuo del locale, acquisto della merce (o di materie prime e macchinari per produrla), utenze (gas, acqua, elettricità), Pos per i pagamenti elettronici, spese per il commercialista e assicurazioni varie (furto, incendio, etc.). Non va dimenticata anche la tassa per la pubblicità su insegne cartelli e targhe, che di solito un negozio possiede.

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