
L'esito della tornata elettorale nelle Marche ha dimostrato come sia premiante occuparsi di temi che hanno a che fare con il vissuto quotidiano delle persone. Mi ha favorevolmente colpito il fatto che si è parlato dei distretti industriali, veri punti di ricchezza dei territori. Sappiamo quanto le Marche debbano a quella tradizionale esperienza del fare impresa. In quanto punti di sintesi dell'impegno delle mille espressioni dell'imprenditoria cosiddetta minuta ma grande nei contenuti economico/sociali. Riportare in auge la virtù dei distretti significa porre in risalto ciò che viene troppo spesso trascurato: la centralità delle piccole e medie imprese nel sistema produttivo italiano. Come ricorda lo storico dell'economia Giulio Sapelli, la piccola impresa «nasce con la rivoluzione industriale e accompagna la crescita del mondo moderno per la semplice ed elementare ragione che le sole grandi imprese non possono sfruttare tutte le opportunità che l'aumento del reddito e delle conoscenze offrono agli imprenditori e ai consumatori. Di qui il ruolo storico essenziale delle piccole imprese» (Elogio della piccola impresa, Il Mulino, 2013). Dunque, che la campagna elettorale della coalizione di centrodestra sia stata caratterizzata da un'analisi dei distretti industriali, delle loro criticità e degli sforzi che l'agenda politico amministrativa deve compiere per sostenerne le sfide - è un qualcosa che merita di essere sottolineato.
Le realtà produttive di dimensioni più contenute faticano infatti a farsi sentire per manifestare le difficoltà che incontrano e domandare iniziative strategiche che rispondano alle loro criticità (in primis i costi dell'energia). Quelle pmi che, come noto, non scaldano il cuore di Confindustria. Dalle Marche è arrivato un buon segnale: ascoltare le voci di chi di solito non ha voce in capitolo.www.pompeolocatelli.it