
Il mattone turistico di fascia alta continua a rappresentare un rifugio sicuro per investitori e risparmiatori con un portafoglio solido, anche in un contesto di incertezza macroeconomica e con tassi d’interesse ancora elevati. A guidare la classifica delle località più costose d’Italia è ancora una volta Portofino, che, secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate, ha registrato nel 2024 solo nove rogiti, ma a valori record: 22.900 euro al metro quadro per un appartamento di medie dimensioni. Dietro alla perla del Tigullio si piazzano Madonna di Campiglio (14.000 €/mq), Cortina d’Ampezzo (13.800), Sestri Levante (13.700), Courmayeur e Corvara (entrambe a 13.000), mentre Capri chiude la top 7 con 12.000 euro al metro. Nel segmento delle ville, i dati forniti dall’OMI e integrati dall’ultimo Osservatorio del Mercato Turistico Fiaip 2025rivelano una sorpresa: Porto Cervo batte Portofino con 21.000 €/mq, seguita da Forte dei Marmi (15.000 €/mq). In montagna, invece, il primato è di Corvara, seguita da Selva Val Gardena (12.000) e Ortisei (11.400). Solo quarta Cortina, con 10.700 euro.
Prezzi stabili, ma trend differenziati
A livello generale, i prezzi sono rimasti stabili rispetto al 2024. Tuttavia, analizzando i dati delle località top nei due anni precedenti, emergono alcuni balzi significativi: al mare, spiccano Portovenere (+16,7%), Sorrento (+15%) e Capri(+11,9%). In montagna, Livigno segna un’impennata clamorosa del +39,2%, favorita dai lavori infrastrutturali per le Olimpiadi Invernali 2026. Crescite robuste anche a Courmayeur e Corvara, entrambe con +9% circa.
Cresce l’interesse degli stranieri (ma non dei super-ricchi)
Secondo i dati del network Tecnocasa, aggiornati al primo semestre 2025, la quota di acquisti da parte di stranieri è salita dal 13,5% al 15,7% in un anno. Lo conferma anche il portale Gate-away.com, specializzato nella promozione immobiliare all’estero, secondo cui il valore medio richiesto dagli acquirenti internazionali si attesta a 407.000 euro, con picchi attorno al milione ma una maggiore concentrazione nella fascia dei 250.000 euro. Da ridimensionare invece la narrazione legata ai grandi patrimoni che si trasferiscono in Italia attratti dalla flat tax da 200.000 euro sui redditi esteri: si tratta di operazioni isolate, concentrate su Milano e non certo rappresentative della dinamica generale. Il vero bacino di domanda è rappresentato da pensionati stranieri o over 55, attratti da Toscana, Liguria, Sicilia e Lago di Como, ma con crescente attenzione a mete meno blasonate e più accessibili.
Italiani al risparmio, ma boom degli affitti
Nel frattempo, il turista italiano adotta un approccio sempre più “mordi e fuggi”: secondo la Fiaip, la spesa media giornaliera si aggira sui 120-160 euro, contro budget esteri superiori almeno del 25%. La voglia di vacanza, però, resta alta, e la domanda di case in affitto è in crescita costante, anche per via dei costi sempre più elevati dell’hotellerie. La classifica degli affitti settimanali in alta stagione per un appartamento da quattro posti letto è dominata da Capri (4.200 euro), seguita da Forte dei Marmi (4.000), Porto Cervo, Porto Rotondo e Taormina (3.500). La posizione, i servizi extra come il wifi (spesso critico nelle zone turistiche sovraffollate) e una cucina ben attrezzata incidono in modo determinante sul canone.
Investimenti e rendimenti: oltre il mattone
Secondo un sondaggio realizzato da Fiaip tra gli operatori del settore, ogni euro speso in locazioni turistiche genera 1,5 euro di benefici per il territorio, rafforzando l’effetto moltiplicatore sull’economia locale. Tuttavia, gli effetti dell’overtourism restano ambivalenti: da un lato, sviluppo e attrattività; dall’altro, tensioni sul mercato della prima casa per i residenti, che spesso non trovano alloggi accessibili né in acquisto né in affitto.
Quanto alla nuova cedolare secca al 26% sugli affitti brevi da 2 a 4 immobili, introdotta dal governo, il report Fiaip segnala un impatto marginale: oltre il 65% degli agenti non ha riscontrato effetti negativi. Dove la domanda è forte, la differenza si recupera aumentando i canoni o con spese extra, come le pulizie, spesso esenti da imposta, come rilevato anche in un’analisi recente del Dataroom del Corriere della Sera.