
Basta una Pec «sbagliata» delle Entrate per far decadere un debito da oltre 500mila euro, di cui 300mila di interessi e un’imposta Irpef da 24mila euro. La decisione di un giudice tributario che ha annullato «per difetto di notifica» un contenzioso fiscale monstre, ripropone il tema della rottamazione, proprio nel giorno in cui fonti del ministero confermano quanto anticipato da Italia Oggi: alla chiusura della riapertura fissata al 30 aprile scorso altri 250mila contribuenti sono stati riammessi alla Quater ottenendo in cambio la sospensione delle cartelle e di qualsiasi azione esecutiva. Dalla rottamazione sono attesi 38,5 miliardi e ne sono già entrati 12,2.
«Il giudice Maurizio Caporuscio della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di La Spezia ha anche condannato l’Erario alle spese processuali per 2.623 euro», dice raggiante al telefono l’avvocato Claudio Defilippi, esperto in sovraindebitamento e non nuovo a pronunciamenti in suo favore. Il legale ha contestato l’uso di una Pec non ufficiale, l’Agenzia delle Entrate - che deve dimostrare la validità della notifica, secondo lo Statuto del contribuente - non ha saputo replicare. «Nel registro ufficiale sono stati inseriti solo alcuni indirizzi e a partire da settembre 2022 - spiega al Giornale l’avvocato Gianluca Bozzelli - quindi per le cartelle notificate prima di tale data neppure gli indirizzi ufficiali erano legittimi». Ma su questa eccezione i giudici tributari («pagati dal ministero dell’Economia, di cui l’Agenzia delle Entrate è organo», maligna off the record un commercialista) si muovono in ordine sparso.
Negli ultimi 25 anni, nonostante quattro rottamazioni, nel magazzino fiscale ci sono oltre 1.800 miliardi di euro di cartelle (in pratica, mezzo debito pubblico) di cui solo una minima parte è realmente esigibile. Il sottosegretario Fdi alle Finanze Maurizio Leo (nella foto) sta valutando costi e benefici della sanatoria definitiva su quelle più a rischio assieme a una rottamazione Quinques (sostenuta dalla Lega Nord in Parlamento) per raccogliere risorse da destinare - nel lungo periodo - alla riduzione delle tasse. Servirebbero subito circa due miliardi, sostanzialmente pari alla raccolta del concordato preventivo biennale (ferma a 1,6 miliardi), una sorta di accordo tra Erario e aziende per una forfettizzazione delle tasse. Ma queste risorse, chiede Forza Italia, potrebbero essere usate per ridurre l’aliquota Irpef fino a 60mila euro lordi l’anno dal 35 al 33 percento. A seconda della platea e dell’ampiezza del taglio, la misura costerebbe tra i 2,5 e i 4 miliardi.
Se le rottamazioni hanno fallito - la Ter con un tasso di decadenza del 70%, la Quater del 49%, con 600mila contribuenti esclusi per morosità - è perché le rate sono poche, troppo alte e ravvicinate. Chi rientra nella Quater dovrà onorare il debito che nei prossimi giorni l’Erario ricalcolerà (senza sanzioni, interessi di mora o aggio) il 31 luglio e il 30 novembre di quest’anno. Nel 2026 e 2027 le scadenze saranno 28 febbraio, 31 maggio e ancora 31 luglio e 30 novembre.
Di pace fiscale si discuterà in aula, con le audizioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Smantellare il magazzino fiscale consentirebbe all’Erario di concentrarsi sui contribuenti morosi realmente aggredibili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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