La pensione di scorta è un rovello per il futuro. La grande maggioranza degli italiani è consapevole che raggiunta l’età (e le quote) per andare in pensione, la prestazione pubblica (quella che deriva dai contributi obbligatori versati durante la vita di lavoro) non sarà sufficiente – da sola – a consentire loro di mantenere lo stesso tenore di vita degli ultimi anni di lavoro. Secondo una recente indagine condotta da Research Dogma per conto di Anima Sgr, 9 italiani su 10 affermano di aver pensato a questo problema e di ritenerlo “molto” o “abbastanza” rilevante. Il 60%, inoltre, ritiene che questa sfida vada affrontata per tempo, almeno prima dei 35 anni. Ma la quota di italiani che dichiarano di avere attivato una qualche soluzione di previdenza integrativa si ferma al 54%.
Il dato è persino ottimistico, se lo confrontiamo con i dati che fornisce Covip, la Commissione di vigilanza sulla previdenza complementare, secondo i quali sono circa 10 milioni gli italiani che hanno una qualche forma di previdenza complementare, dai fondi pensione contrattuali ai fondi pensione aperti, fino ai piani individuali (i cosiddetti Pip).
Le richieste per investire
Fra i temi toccati dalla ricerca ci sono le priorità ritenute più importanti per incentivare l’adesione alla previdenza integrativa. In sostanza ci sono cinque richieste: una maggiore flessibilità nell’accedere al capitale prima del pensionamento; una riduzione della tassazione sui rendimenti un contributo aggiuntivo più consistente dell’azienda; un adeguamento dei benefici fiscali all’inflazione; un aumento del massimo deducibile dall’Irpef.
Nonostante le recenti notizie sugli andamenti positivi dei rendimenti dei fondi pensione ancora molti lavoratori preferiscono tenere il Tfr in azienda. Non solo. Esiste un approccio diffuso di prudenza, che a volte si rivela eccessiva. Specie sugli investimenti di medio-lungo periodo, come devono essere i risparmi previdenziali, sarebbe opportuno guardare a un orizzonte di rischio un po’ più spiccato. Senza esagerare, ma la componente azionaria dei fondi pensione è inevitabile per assicurare un rendimento che non sia sotto l’inflazione e comunque in grado di integrare la prestazione pensionistica che deriva dal primo pilastro.
Poca propensione al rischio
La pensione di scorta dovrebbe costruirsi con un occhio più attento all’investimento. Eppure, dall’indagine emerge un orientamento estremamente prudente: quasi quattro italiani su 10 – con percentuali rilevanti anche fra i giovani – sceglierebbe la linea d’investimento garantita o la più conservativa in assoluto, mentre solo il 15% opterebbe per una linea prevalentemente azionaria o azionaria, nonostante l’orizzonte temporale di lungo periodo suggerisca in genere – al di là dei casi dei singoli investitori – un’asset allocation che comprenda anche azioni.
Questa cautela è poi particolarmente significativa analizzando il dato di genere: solo il 9% delle donne è disposto a sottoscrivere un piano previdenziale dove la componente azionaria sia prevalente. Il dato della ricerca si sovrappone quasi perfettamente alla realtà, così come la fotografa Covip. Meno del 10% dei sottoscrittori di fondi pensione si espone all’investimento azionario, l’unico che possa garantire prestazioni utili a non erodere il capitale versato.
Inerzia nella scelta dei fondi pensione, comportamento non adeguato agli obiettivi di rendimento, sono frutto di una educazione finanziaria
- anche nella componente di educazione alla previdenza - assolutamente insufficiente. C’è molto da fare per far conoscere le opportunità della previdenza complementare. L’informazione innanzitutto, a scuola e in azienda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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