Il 12 giugno gli emissari Ue sono giunti a Roma per parlare delle modifiche che il governo vuole attuare al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), al cui proposito grava la scadenza di fine agosto e che può avere ricadute positive sul Pil italiano.
Che si tratti di una visita di routine è stato confermato dalla portavoce della Commissione europea Nuyts Weerle e da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, le Politiche di coesione e il PNRR del governo Meloni. Di fatto, tutti i Paesi che aderiscono alla Recovery and resilience facility sottostanno a incontri con i tecnici dell’Ue i quali, di norma, hanno luogo ogni sei mesi. Nello specifico, quello in corso durante questa settimana a Roma è il quarto colloquio di questo tipo.
C’è di vero che per Fitto si tratta dell’ultima occasione per mettere ordine e riuscire a incassare la terza rata da 21,8 miliardi di euro.
Questa è la situazione da cui si parte, ma la carne sul fuoco è tanta e va al di là delle narrazioni.
L’importanza del Pnrr per il governo
Il governo sta lavorando per creare un rapporto tra le politiche del Pnrr e quelle di coesione al fine di avere un punto di vista ampio sui progetti in essere, i fondi da destinare e le operazioni da pianificare.
Fino a qui non c’è spazio per le polemiche, perché il governo sta lavorando alle modifiche da negoziare anche con Bruxelles e non ha mai relegato in secondo piano l’importanza che il Pnrr ha per il Paese. La terza rata, ossia i 21,8 miliardi che l’Italia sta attendendo e che intende sfruttare al meglio, non può essere confinata a una pianificazione confusionaria e sterile.
Lo stesso Fitto ha parlato della necessità di guardare ai prossimi cinque anni e non ai prossimi mesi. L’obiettivo del governo è infatti predisporre tutte le modifiche necessarie al Piano fino al 30 giugno 2026. Fare in fretta e fare bene, insomma, non sono conciliabili. Meglio fare molto bene prendendosi il giusto tempo, ha aggiunto Fitto.
Ed è proprio sulla presunta lentezza con cui il Piano viene revisionato che nascono le polemiche.
Le polemiche sui ritardi
Il ministro Fitto ha rimandato le critiche al mittente, sostenendo che parlare di ritardo è fuori luogo, anche perché non ci sono metri di paragone validi, considerando che molti Paesi non hanno ancora incassato la prima tranche e che, soltanto l’Italia e la Spagna, si stanno avvicinando a incassare la terza.
Non c’entra il governo Meloni, ha rilanciato il ministro, in gioco c’è l’Italia, la qualità della spesa e la reale possibilità di attuare tutti gli interventi entro la fine del mese di giugno del 2026, cosa questa tutt’altro che scontata.
I tavoli interni per le verifiche
I fondi del Pnrr coinvolgono anche le Regioni e occorre alzarsi dai tavoli di verifica per la programmazione 2021-2027 con la certezza che le voci di spesa siano coerenti e allineate agli obiettivi del governo e a quelli della Commissione europea. Non c’è modo, ha aggiunto Fitto, di spargere denaro a tutti in assenza di delibere che elenchino gli interventi che le Regioni intendono attuare.
La lentezza, presunta o reale che sia, ha una sua ragione d’essere: occorre coordinare fondi e spese
affinché gli interventi siano raggiungibili e il denaro venga quindi impiegato in modo costruttivo ed efficace. C’è tempo fino al 31 agosto per rimettere ordine tra i progetti e gli obiettivi del Pnrr e il governo è al lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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