Politica economica

Il Pnrr potrebbe far crescere di due terzi il Pil italiano

Per la prima volta da decenni il confronto internazionale premia l’Italia che a fine 2022 ha un Pil superiore dell’1% rispetto ai livelli del 2019. Con il Piano l’aumento annuo sarebbe dell’1,2% al posto dello 0,4%

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Il Pnrr potrebbe contribuire alla crescita dei due terzi dell’economia italiana entro il 2026. I numeri, grazie al Piano, potrebbero salire dallo 0,4% all’1,2%. I dati del Rapporto 2023 riferiti al coordinamento della finanza pubblica, illustrato dalla Corte dei conti, annunciano le previsioni economiche e quelle dei conti pubblici italiani all'interno di uno scenario caratterizzato dall’emergenza energetica e l’arrivo di alcune novità in merito al Patto di stabilità europeo.

La prospettiva italiana

L’Italia avrebbe dimostrato ottime capacità di resistenza alle difficoltà che le sono state presentate. Il quadro internazionale complesso non corrompe la solida base che il Paese possiede per la ripartenza. L’inflazione, come racconta il report, potrebbe rallentare anche grazie al rientro dei prezzi dei beni energetici. Il Belpaese a fine 2022 registra un Pil che supera l’1% rispetto al 2019, questo trend confrontato con altri paesi è molto simile a quello della Francia, risulta invece migliore rispetto all'andamento di Germania e Spagna. Durante i primi tre mesi di quest’anno l’Italia registra un dinamismo importante se confrontato con quello dell'area euro.

Il parere del MEF

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha commentato così il report:“I conti in ordine sono una necessità assoluta per il nostro Paese, che deve mantenere la fiducia dei mercati per contenere i costi di finanziamento ed evitare ripercussioni su famiglie e imprese.” Il titolare del MEF si aspetta un risultato positivo dagli extraprofitti, un incremento del gettito fiscale e la possibilità di avere a disposizione più risorse da dedicare alle famiglie in serie difficoltà economiche. Secondo il ministro la sfida di stabilizzare la crescita risulta particolarmente complessa, specialmente con un debito pubblico che supera ancora il 140% del Pil. Nel periodo post Covid la rapida diminuzione del passivo è dovuta all’inflazione che ha alimentato le entrate dell’Iva e del prodotto nominale. La Corte dei conti sottolinea che la flessione positiva perde la propria intensità a causa dell’aumento dei prezzi che è deleterio per i conti pubblici e i possibili conseguenti effetti negativi a lungo termine.

Le previsioni

Il periodo che va dal 2023 al 2026 sembrerebbe particolarmente equilibrato per quanto riguarda il debito italiano. Il rapporto afferma che il risultato del 4% in meno nell’arco di tempo non è sufficiente a creare un trend in discesa continua del rapporto debito/Pil. Secondo la Corte serviranno contrasti concreti alla risalita. Il report prosegue osservando che l’inflazione nel 2024 potrebbe portare all’estensione del mini-aumento lineare degli stipendi pubblici. Saranno necessarie anche delle risorse per ridurre il cuneo fiscale e non sarà possibile evitare i rifinanziamenti di interventi in conto capitale. Anche gli interventi di manutenzione straordinaria di alcune sezioni del welfare italiano comporteranno un impegno economico notevole.

Infine, il Pnrr ha visto diminuire le prospettive di crescita aggiuntiva da 12,7 punti guadagnati nel periodo 2021-2026 a 9,2 punti attuali causati dal ritardo dell’attuazione del Piano.

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