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Ricorso al Tar: come presentarlo e quanto costa

Strumento pensato per permettere al cittadino di far valere le proprie ragioni nei confronti della Pubblica Amministrazione, prevede termini e procedure specifiche. Ecco quali

Ricorso al Tar: come presentarlo e quanto costa
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Ricevere un’ordinanza di demolizione di un immobile su cui non si è d’accordo, non rientrare in graduatoria (o in una posizione a proprio avviso troppo bassa) dopo aver partecipato a un concorso pubblico, aver subito una bocciatura scolastica ritenuta ingiusta, oppure ancora, ritrovarsi vicino un abuso edilizio, o vedere negato l’accesso ad alcuni atti. Tutte situazioni, queste, per le quali si può pensare di presentare ricorso al Tar. Ma quali sono le procedure e i costi per un’azione di questo tipo? E che cosa succede se il ricorso non viene accolto? Vediamolo insieme.

Che cos’è il Tar, funzione del ricorso

Il nostro ordinamento giuridico prevede diverse tipologie di Tribunali, ognuno con una propria giurisdizione e competenza. Tra questi rientra il Tar, o Tribunale amministrativo regionale, un tribunale di primo grado, organo giurisdizionale dedicato alle questioni che interessano cittadini e Pubblica Amministrazione, che si tratti dello Stato, della Regione, della Provincia o del Comune. Capita che la Pubblica Amministrazione possa commettere errori, dovuti in genere alla massiccia burocrazia presente nel nostro Paese: finalità di questo organo è quella di garantire una tutela rapida ed efficiente nei confronti della macchina amministrativa, garantendo ai cittadini di potersi difendere e far valere i propri diritti e interessi.

In Italia ci sono 20 Tar, uno per ogni regione, con specifiche competenze territoriali. Ogni Tar è composto da presidente e cinque giudici amministrativi. Il più famoso è sicuramente quello del Lazio che, oltre ad essere il Tribunale Amministrativo con più controversie iscritte a ruolo, è dotato anche di una competenza funzionale, che lo rende uno dei tribunali più importanti in Italia.

Il ricorso al Tar è uno strumento processuale attraverso il quale è possibile agire in giudizio, tramite ricorso, appunto, e non tramite atto di citazione (come per il processo civile), e chiedere tutela al Giudice competente. Si può ricorrere al Tar per chiedere l’annullamento di un atto della Pubblica Amministrazione, od ottenere il risarcimento del danno, causato da un atto della stessa.

I gradi di giudizio previsti sono due, di questi, il secondo compete al Consiglio di Stato. Se dunque si dovesse perdere la prima causa, si può tentare con il secondo grado, sottoponendo la questione ai giudici del Consiglio, che emetteranno la sentenza definitiva.

Ricorso al Tar: procedura e termini

Ecco come si compone l’iter di questa azione legale.

Primo passo, la presentazione della richiesta di annullamento, modifica o ritiro dell’atto della PA contro cui si ricorre. Sarà necessaria l’assistenza di un avvocato, soprattutto per la stesura della richiesta e il suo invio; il ricorso in proprio, ossia senza avvocato, rientra solo nei casi previsti per i Mini Urp (Uffici relazioni con il pubblico con funzioni ridotte, da cui il prefisso mini);

Apriamo qui una parentesi: è possibile agire in giudizio senza avvocato solo ed esclusivamente in determinate materie, in particolare per tutte le controversie riguardanti la trasparenza amministrativa, comprese quelle sull’accesso agli atti, ed in materia elettorale. È bene inoltre precisare che si può usufruire di tale servizio solo nel caso in cui il cittadino sia in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata e solo qualora il ricorso venga depositato direttamente presso il Mini Urp, che si occuperà di tutti gli adempimenti necessari. Si tenga comunque presente che presentare un ricorso senza l’aiuto di un avvocato di fiducia potrebbe privare il ricorrente di una reale cognizione di ciò che si dovrebbe o si potrebbe fare durante il processo, oltre che di vedersi consigliare la strategia processuale migliore al fine di ottenere il cosiddetto "bene della vita".

Detto questo, proseguiamo con il secondo passaggio, la notifica: ricevuti gli atti, il Tar li notifica alla Pubblica Amministrazione chiamata in causa; terzo passaggio, l’avvio del contraddittorio, durante il quale il ricorrente e la controparte trasmettono memorie, scritti, prove, testimonianze, difese al Tar, che in ogni momento può chiedere chiarimenti e documenti aggiuntivi; viene fissata poi l’udienza, durante cui, dinanzi al giudice, le parti possono discutere la questione; si giunge infine alla delibera: una volta chiara la situazione, i giudici si riuniscono in Camera di Consiglio, ed emettono la sentenza.

I termini da seguire per la presentazione del ricorso al Tar, sono i seguenti: entro 60 giorni dalla notifica o pubblicazione dell’atto amministrativo ritenuto ingiusto, entro 30 giorni dalla notifica o pubblicazione di un provvedimento relativo ad appalti, entro 120 giorni dalla notifica o pubblicazione dell’atto, in caso si intenda chiedere il risarcimento danni, che può essere chiesto anche durante la causa stessa ed entro 120 giorni dalla sua conclusione.

Quali tempi

Stando ad alcune recenti statistiche, pare che in Italia i ricorsi al Tar durino almeno due anni. Si tratta naturalmente di una media, molto in realtà dipende dal carico di lavoro del Tar, cui si presenta il ricorso. I ricorsi presentati, ad esempio, al Tar del Lazio potrebbero durare di più perché, come anticipato, si tratta di un tribunale con particolari competenze funzionali, e dunqe particolarmente oberato di procedimenti.

Quali costi e a chi spettano

Come per altri tipi di processo, anche il ricorso al Tar prevede che sia il ricorrente a far fronte alle spese, che non si possono stabilire a priori, dal momento che ogni processo è diverso ed ha caratteristiche proprie. In generale, i costi medi variano dai 3.500 ai 4.000 euro, importo che può subire aumenti anche in base alla parcella dell’avvocato, determinata dall’esperienza professionale, dal grado di specializzazione, dal carico di lavoro, etc.

Per non precludere la possibilità di ricorrere a questo strumento anche alle fasce meno abbienti, il legislatore ha previsto che tutti i cittadini che appartengono ad una fascia di reddito bassa possano usufruire di apposite agevolazioni, tra cui il patrocinio gratuito, destinato a coloro che dichiarino un reddito inferiore a 11.528,41 euro, così come disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002: viene dunque assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, tributario, contabile, negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente, quando le sue ragioni risultino fondate in maniera manifesta.

In caso si vinca, in caso si perda

Qualora il ricorso venga accolto, la controparte (che in questo caso è un organo o un ente della Pubblica Amministrazione), deve annullare, modificare o revocare l’atto per cui si è presentato ricorso, rifondere le spese legali, risarcire l’eventuale danno.

Poiché il ricorso al Tar rappresenta una vera e propria causa dinanzi ai giudici, chi perde è tenuto a pagare alla controparte le spese legali (che non sono irrisorie) e riconoscere anche l’eventuale risarcimento danni.

Il consiglio pertanto è quello di pensarci bene prima di presentare ricorso, e di procedere solo se si è pienamente sicuri delle proprie ragioni.

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