E una delle più belle orchestre al mondo. Sofisticata ed elegante, perfezionista fino allossessione, in questo stimolata dalla casa in cui è cresciuta (la Severance Hall di Cleveland, Ohio, dallacustica che non perdona) e da quanti si sono avvicendati sul suo podio; tra essi, George Szell, Artur Rodzinski e Lorin Maazel. E la Cleveland Orchestra, complesso che giganteggia nel pantheon delle «Big five», per usare il marchio che da sempre contrassegna le cinque orchestre di punta degli States, cioè le compagini di Boston, New York, Philadelphia, Chicago, e appunto, Cleveland. Unorchestra dai forti legami con lEuropa, come attesta la doppia residenza al festival di Salisbugo e di Lucerna, più la collaborazione biennale con il Musikverein di Vienna. Tuttavia, a Milano la Cleveland non ha mai messo piede. Ecco perché la sua presenza, stasera, agli Arcimboldi (ore 21), spicca nel cartellone del festival MiTo. Così come attrae lidea di imbattersi in una viola dautore come quella dellarmeno-americana Kim Kashkashian, interprete del Concerto Sz 120 di Béla Bartók. Un Bartok stretto fra lAndante in si minore dallIncompiuta di Franz Schubert e la Sinfonia «Dal nuovo Mondo» di Antonin Dvorak, ovviamente per sola orchestra.
Alla testa della Cleveland, che con oggi chiude il suo lungo tour europeo, cè Franz Welser-Moest (1960), il direttore austriaco, ma con cittadinanza nel Lichtenstein, che proprio a giugno ha accettato di stringere a sé questa Ferrari musicale fino al 2018, quindi allo scadere del centesimo anno.
Nonostante le premesse, il matrimonio di Welser-Moest con la Cleveland è perfettamente riuscito. Suscitò infatti non poche perplessità la sua nomina (nel 2002) a settimo direttore stabile. Del resto, si ritrovava a subentrare a una bacchetta epocale come Christoph von Dohnanyi, che seppe infondere anche qualche voluttà a quel complesso ad orologeria. E poi pesava un passato non proprio ineccepibile, alludiamo ai travagliati sei anni spesi con la London Philharmonic Orchestra, alla collezione di critiche acide e ai rapporti non proprio idilliaci con i musicisti che gli appiopparono lappellativo di Frankly Worse Than Most (Francamente peggio della maggior parte).
Ma lui, impassibile, accettò la sfida. Idem per i professori dorchestra che seppero andare aldilà delle dicerie. Così, si pose alla testa di questo gioiello con il fermo proposito di rispettarne lattitudine alla perfezione però piegata alla creatività , «credo che il far musica abbia parecchio a che fare con la libertà e alluso che se ne fa», chiarì immediatamente.
Carriera e vita privata di Franz Welser-Moest sono tutto fuorché ordinari. E cè pure un pizzico di romanzesco. Si parte dal cognome, Most allanagrafe dellaustriaca Linz, e Welser, in virtù delladozione da parte di un barone del Lichtenstein stregato dal talento di quelladolescente. Nel capitolo clou del romanzo si legge, poi, che il ragazzo sinvaghì della giovane moglie del barone, una ricca ereditiera pronta a ricambiare tuttora laffetto di quellartista nel frattempo cresciuto.
Ora Welser-Moest vive il suo momento di gloria, a capo della Cleveland, e dal 2010 pure della Staatsoper di Vienna.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.