Cronache

La storia di Angelo, clochard per necessità

Il cinquantenne romano, sposato con due figli, da due anni chiede l’elemosina: "Lo Stato non mi aiuta"

La storia di Angelo, clochard per necessità

Mentre Renzi continua a ripetere convinto: “L’Italia, la svolta c’è stata . Il Paese non è più incagliato nelle secche”, la presenza di italiani fra le percentuali dei senza fissa dimora aumenta. Solo nella Capitale sono 7.800, di cui 3.060. riescono a trovare riparo presso associazioni di volontariato o centri convenzionati. Ma ci sono poi i restanti 4.740 completamente abbandonati a se stessi.

E, non ci sono solo, come sarebbe più facile pensare, profughi ed extracomunitari, ma anche tanti, tantissimi italiani definiti i “nuovi poveri” . Uomini e donne privi ora di una loro identità, ma che un tempo avevano esistenze simili alle nostre con una famiglia, degli amici e un lavoro.

Proprio come Angelo, (nome di fantasia), l’uomo che da tempo chiede l’elemosina su viale Eritrea, nel quartiere Trieste-Salario, zona bene di Roma. Ogni giorno passano davanti a lui e il suo cartello, centinaia di persone ma nessuno gli chiede di raccontare la sua storia, noi l’abbiamo fatto. A vederlo non sembra un mendicante, indossa un giubbotto normale, un cappello per proteggersi dal freddo e degli occhiali da vista, con i quali lo si vede molte volte intento a leggere libri o quotidiani.

Mi avvicino e comincio a fargli qualche domanda. Angelo, cinquantenne romano, cordiale e affabile, è un fiume in piena. Ha due figli di 10 e 13 anni, che ora sono in Albania con sua moglie, trentaseienne originaria del posto. È stato lui a volere così quando due anni fa, dall’oggi al domani, ha perso il lavoro presso una ditta specializzata in produzione di microfilms, microriproduzioni e apparecchiature di servizio. Prestava servizio da ben 25 anni. Un lavoro certo, sicuro, che ha visto svanire, insieme alle sue certezze, in un attimo. “E’ stato come vivere un incubo. Era il periodo di Natale del 2013 e con i proprietari della ditta ci siamo salutati il 24 dicembre, mettendoci d’accordo di rivederci tutti il 10 gennaio come sempre. Io e gli altri miei cinque colleghi, tre uomini e due donne, eravamo sereni, nonostante negli ultimi tempi gli affari non andassero più bene come un tempo. Le tasse poi sembravano intaccare sempre di più la solidità finanziaria degli amministratori”.

Mentre racconta, Angelo sembra rivivere tutto di nuovo, la tensione si legge nel suo viso e nella sua voce. “Siamo tornati il 10 gennaio, e la nostra vita è sfumata. Esattamente con la ditta per cui avevamo lavorato per oltre venticinque anni. Sparita l’insegna fuori, spariti i macchinari e soprattutto spariti loro. Un vero e proprio incubo. Neanche ora la polizia è riuscita a scovare dove sono andati. Sicuramente pressati dalle tasse, i costi hanno deciso di andare via, altrove, all’estero buttando all’aria tutto e con se le esistenze nostre e dei nostri familiari” .

Da quel momento la vita di Angelo e la sua famiglia, ha un totale stravolgimento. I risparmi messi da parte erano poca roba e dopo tre mesi di affitto insoluto vengono mandati via dalla loro casa in affitto. Per timore che gli assistenti sociali potessero prendere in affido i loro figli, causa la loro disperata situazione economica, la moglie d’accordo con lui decide di ritornare in Albania, a casa dei genitori. Entrambi certi che le cose si sarebbero sistemate presto, ma non è andata così, anzi. Angelo bussa chiedendo un lavoro un aiuto a cominciare dagli amici, conoscenti i quali però pur volendo non potevano aiutarlo.

“Mi sono subito messo alla disperata ricerca di un lavoro. Ma a Roma non c’era nulla per un uomo di 50 anni, nemmeno mi davano la possibilità di provare, niente. Ho chiesto aiuto anche al Comune, un sostegno ma mi hanno risposto che non cerano fondi in quel momento. Peccato però che poi leggendo i giornali si è venuto a sapere che per gli zingari, l’amministrazione comunale aveva stanziato 24 milioni di euro per la gestione di 11 insediamenti nella Capitale Quindi mi sono spostato altrove. Per sei mesi ho vagabondato in cerca di un impiego qualsiasi da nord a sud dell’ Italia, dormendo dove capitava, alloggi della Caritas o nelle stazioni, ma per me non c’era mai nulla. Dicevano che prendevano solo gente del luogo, ma poi venivo a sapere che erano extracomunitari pagati a minor costo di un italiano. Tutto questo era avvilente tanto che a un certo punto ho rinunciato a provare, anche perché nuove cattive notizie mi avevano raggiunto”.

E in effetti è stato proprio così, mentre Angelo era alla ricerca di un lavoro gli giunge la telefonata della moglie che lo informa di avere un tumore al cervello e di doversi sottoporre a diverse operazioni oltre che cure mediche. “Sono ritornato a Roma, e da un anno e mezzo chiedo l’elemosina. In un mese, quando va bene, riesco a metter su tra i 600/700 euro. Più o meno 20 euro al giorno. Invio tutto a casa, in Albania a mia moglie e ai miei figli. Il resto lo lascio per comprarmi da mangiare, medicinali quando occorrono e la ricarica telefonica. Quando posso vado ad un Internet Point qui vicino per sentire, vedere, via Skype la mia famiglia. Ho trovato un posto dove dormire, è sempre all’aperto qui vicino. Non è la Caritas: lì dopo qualche giorno c’è la turnazione per permettere ad altri poveri cristi come me, di avere un tetto sopra la testa e un pasto caldo. E’ un luogo sicuro, ma preferisco non dirlo. Per lavarmi uso le fontanelle pubbliche o i bagni delle stazioni. Ma preferisco non frequentarle, sono luoghi troppo affollati di gente di ogni genere”.

Alla mia domanda se ha mai ricevuto minacce, intimidazioni da parte di altri clochard come lui, risponde che è successo solo due volte da parte di alcuni zingari che ha però scacciato via. Neanche la tentazione di soldi facili, come spacciare droga o rubare l’ha mai attraversato. Angelo è una persona colta, lucida nella sua instabile situazione. La vita con lui non è mai stata benevola. Ha perso i genitori presto, neanche maggiorenne e da subito si è messo a lavorare. Forse questo ha fatto sì che nonostante la vita gli abbia giocato davvero un brutto scherzo stia ancora in piedi, pronto a ripartire. E lo farà presto: a marzo andrà via dall’Italia e raggiungerà la famiglia in Albania dove vuole aprire un bar, ma deve ancora mettere da parte gli ultimi soldi necessari.

Gli chiedo se in questo periodo di feste qualcuno gli abbia fatto un’offerta più generosa e se siano più le persone benevole nei suo confronti o il contrario: "Un uomo e una donna mi hanno sbalordito, 250 euro lui e 320 euro lei. In giorni diversi, ovvio. Mai ricevuto così tanto in tutto questo tempo. Io poi sono sempre qui, sempre allo stesso posto. Molte persone hanno imparato a conoscermi. Si fermano mi chiedono come sto, conoscono la mia assurda vicenda. Questo anche grazie al fatto che io non chiedo nulla, me ne sto seduto qui a leggere e chi vuole può aiutarmi e chi non vuole passare liberamente oltre. Ma non tutti sono così alcuni mi inveiscono contro, altri passano senza rispetto sul cartello e il cappello dove raccolgo le offerte”.

E Angelo non mente affatto. Mentre parlo con lui alcune persone incuranti passano sopra ai suoi oggetti, e anziché scusarsi, si mostrano infastiditi. Accade, due, tre, quattro volte e per un attimo mi immedesimo sul senso di invisibilità che deve vivere quest’uomo. Un uomo che fino a due anni fa aveva una vita normale fatta di piccole, grandi quotidianità e ora è una presenza invisibile in mezzo a tanti. “La cosa che mi pesa di più è la solitudine, ma che è diventata ora anche la mia forza. Mi vergogno a chiedere l’elemosina ma grazie a questo ho potuto aiutare mia moglie e ora, forse, riesco a raggiungerli creandomi una nuova vita. Una vita che mi è stata tolta dall’oggi al domani. E mi ha fatto male dovermi ridurre a questo, mi ha fatto male vedere che la vita di un italiano venga valutata meno di altri, con rispetto anche per loro, ovvio. Di uomini e donne italiane nelle mie condizioni ce ne sono tanti, tantissimi. E non tutti, come me, hanno la forza di guardare avanti”.

Una sola parola può valere per quest’uomo: dignità. Nonostante tutto infatti è riuscito a far fronte alle circostanze assurde che la vita gli ha posto davanti. E se tante delle sue domande rimangono senza risposte, noi ci domandiamo come gli enti preposti non si accorgano di realtà come queste. Soprattutto in aiuto di quegli italiani che pagando le tasse meriterebbero un attenzione, una considerazione e un aiuto in più.

Loro che fino a quando hanno potuto, contribuivano al bene e alla crescita del Paese, il loro.

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