Cocaina nelle discoteche In cella 25 trafficanti capeggiati da una donna

La droga spacciata nei principali locali cittadini, ora a rischio chiusura. In manette anche un vigile urbano

Una banda strutturata per marciare come un orologio e finalizzata a «importare» dal Sudamerica droga ma anche clandestini. E con a capo una ecuadoregna che aveva sotto di sé una quarantina tra «ovulatori» (quelli che si riempiono la pancia di ovuli di cocaina), pusher, «cavalli» e «cavallini». Nomi dati agli spacciatori in base alla scala gerarchica, vale a dire se sono all’ingrosso o al dettaglio. Tra i trafficanti anche un vigile in servizio al comando di piazzale Loreto, a tempo perso buttafuori in discoteca. Una complessa organizzazione che aveva come terminali le principali discoteche milanesi, da dove appunto è partita l’inchiesta dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Magenta, diretti dal capitano Valerio Liberatori. Locali coinvolti a vario titolo, in qualche caso come luogo di spaccio, in altri direttamente, con titolari o dipendenti a smerciare bustine. E per questo i carabinieri chiederanno presto per sei importanti discoteche la chiusura.
L’inchiesta nasce nell’autunno del 2002, quando i carabinieri notano un preoccupante aumento della diffusione di droga all’interno dei più importanti locali cittadini. E iniziano a lavorare facendo un paziente lavoro sui primi «cavallini» individuati. Tenuti sotto controllo hanno progressivamente portato a individuare prima i fornitori poi i trafficanti. Scoprendo che la cocaina non viene più importata dalla Colombia. Troppo sospetti i viaggi da e per il principale Paese produttore di droga al mondo. I narcotrafficanti da tempo hanno iniziato a spostare grossi quantitativi di stupefacente nelle nazioni confinanti, come appunto l’Ecuador, dove si trova una parte della banda.
A questo punto c’è il problema di far arrivare la sostanza in Italia. Viene così individuato il sistema che nei tempi si è rivelato più semplice: l’ovulo. Per un migliaio o due di euro c’è chi è disposto a ingoiare fino a un chilo, un chilo e tre di cocaina. Con grave rischio personale. A più di qualcuno infatti è capitato che l’involucro si rompesse nello stomaco, con esiti purtroppo mortali. Ma alla fine si trova sempre qualche disperato «ovulatore». E in questo caso i trafficanti prendono i classici due piccioni con una fava. Con un certificato falso, in cui un prestanome si assumeva piena responsabilità vale a dire vitto e alloggio dello straniero, l’ecuadoregno sbarca a Malpensa con regolare permesso. Qui viene liquidato per il suo viaggio, appunto un paio di miglia di euro, e quindi lasciato libero di fare il clandestino.
In tal modo l’organizzazione era in grado di importare almeno 200mila euro di cocaina al mese. Sostanza che veniva smistata ai piccoli spacciatori e finiva poi nelle prime discoteche milanesi. I carabinieri in questi mesi hanno identificato almeno una settantina di clienti, segnalati alla prefettura. E l’altra notte sono scattate le manette: 25 persone arrestate, tra cui appunto la «capa», l’ecuadoregna residente in Italia Lara Montano De Rodriguez, e il vigile urbano. Che vanno ad aggiungersi ai 14 già fermati nel corso delle indagini nel corso di controlli «casuali».


Resta adesso da chiarire il ruolo di titolari e dipendenti dei locali pubblici coinvolti. Per alcuni di loro, di cui i carabinieri non hanno comunque voluto fornire indicazioni precise, sono scattate perquisizioni e denunce. E presto, per sei locali partirà la richiesta di chiusura.

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