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Il codice Da Vinci anti-alluvioni Leonardo voleva deviare l’Arno

Per 40 anni il maestro studiò le piene del fiume. Un esperto ricostruisce le teorie illustrate nei documenti in mano a Bill Gates

da Firenze

Già 500 secoli fa Leonardo Da Vinci si preoccupava delle «piene dell’Arno torbido» e per circa 40 anni, dal 1473 al 1513, si impegnò a elaborare progetti per salvare la città con la regimazione del fiume con sistemi di chiuse e canali. I suoi studi, ricorda il professor Alessandro Vezzosi, direttore del Museo ideale di Vinci, sono contenuti in 18 grandi fogli doppi del «Libro della natura, peso e moto delle acque», già celebre come Codice Leicester e poi Codice Hammer, oggi appartenente a Bill Gates che lo conserva a Seattle (negli Usa).
«Quest’Arno allaga - scriveva il maestro in una pagina databile sempre ai primi anni del '500 riferendosi al pericolo delle alluvioni, che già colpivano la pianura tra Firenze e Campi - perché non sgombera le sue acque con quella prestezza che il Val d'Arno di sopra le mette. E la Golfolina non dà loro il transito per la valle sua occupata d’alberi». Nell'agosto 1508 l’acqua «affogò molte persone» a Brozzi e a San Donnino per una piena improvvisa dovuta non a piogge (che non si erano verificate nella pianura), bensì alla piena dell'Arno e della Sieve per precipitazioni a monte. Non a caso Leonardo quantificava i tempi delle piene improvvise: «In 5 ore viene la piena di Sieve e in 7 quella d’Arno», scriveva in un foglio del Codice Arundel ora in mostra agli Uffizi.
L’artista della scienza pensava di scongiurare questa «ruina» con la regimazione dell’Arno già a monte di Firenze e con la deviazione delle sue acque in un canale navigabile, attraverso Prato, Pistoia e la Valdinievole. Progettava il Canale di Firenze e di Pistoia e il riassetto dell'idrografia circostante con sistemi di chiuse e corsi d'acqua organizzati su diversi livelli.
Studiava i dettagli costruttivi e, fra l’altro, il modo che «li archi del ponte sieno più elevati che si può, per la cagion della inondazione del fiume che sotto esso ponte passa». Interessante l'impiego di precauzioni per evitare che i ponti facessero imbuto: «Se questo fiume per l’ordinario occupa la larghezza d'un arco, fà che esso ponte n’abbia 3, e questo fo per le cagion delle piene». Elaborò anche sistemi di prefabbricazione con elementi rapidamente componibili per le strutture fluviali.
«Il Museo Ideale di Vinci - ricorda Vezzosi - ha ricostruito per la prima volta diversi esempi di questi elementi componibili e, quando li ha recentemente presentati a Tokyo, nell’ambito della mostra con il manoscritto originale di collezione Bill Gates, alcuni tecnici hanno osservato che “così si sarebbe potuto scongiurare un'alluvione, a New Orleans come a Firenze!”». L’artista voleva bonificare e irrigare la campagna, creare energia e risorse, realizzare una grande via di comunicazione fluviale tra Firenze e il mare, favorire i commerci e le attività produttive, prevenire alluvioni e dissesti idrogeologici. Progettò inoltre la deviazione dell'Arno verso Livorno, per privare Pisa delle sue acque.

I lavori furono programmati dalla Signoria di Firenze e iniziarono per scopi militari, ma il concetto è simile al moderno Scolmatore presso Pontedera.

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