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Il Colle scopre solo ora il Paese degli spioni

«Ben ti sta», mi verrebbe voglia di dire oggi a Napolitano. E mi sono permesso di anticiparlo al suo consigliere Pasquale Cascella, giustamente reticente rispetto alla mia indignazione per la preoccupata certezza di essere intercettato in questa Italia commissariata da spioni e da giudici senza regole.
Gli avevo scritto: «Tu hai sciolto il Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Tu hai firmato. Con quell’atto, io, tu, la Sicilia, l’Italia, abbiamo subito una violenza inaudita da parte di chi ha prospettato, contro la Costituzione, contro la democrazia e contro la verità, una rappresentazione assolutamente falsa dei fatti avvenuti in quella città in circa 3 anni della mia effettiva sindacatura, due dei quali trascorsi a preparare la città per il tuo arrivo. Ti diranno che hanno fatto indagini scrupolose, che hanno trovato prove. E ti mentiranno. Hanno semplicemente chiamato mafia la politica che tu hai visto e con cui ti sei misurato nella Prima e nella Seconda Repubblica... Tu sei venuto e hai visto la città, le cose che ho fatto, l’entusiasmo dei cittadini e i festeggiamenti dei ragazzi, denunciando anche davanti a te, nel discorso ufficiale per il 150° dell’Unità d’Italia, le infiltrazioni della mafia. Ti sei affacciato con me, con il ministro della Difesa e con altre autorità dal balcone dal quale Garibaldi vide l’Italia unita e indicò idealmente Salemi come capitale di un sogno divenuto poi realtà. Tutto quello che è accaduto a Salemi, ed è stato esaltante, e tutti i giornali e le televisioni del mondo lo hanno raccontato, non può essere in alcun modo ricondotto alla mafia».
In 20 anni la mafia è stata, se non debellata, indebolita, schiacciata, repressa, allontanata. E non ce n’è più traccia a Salemi.
E allora perché sciogliere, oggi, davanti alle tante cose nuove proposte e fatte, il Comune di Salemi? E, per esempio, altrettanto insensatamente il Comune di Bordighera?
La risposta è una sola: appuntarsi sul petto le medaglie dell’antimafia, accreditare una situazione criminale per accreditarsi come integerrimi combattenti e nemici della mafia: tutti i magistrati battezzati dal sangue di Falcone e Borsellino, diventati santini di una lotta senza antagonisti, e molti politici, quasi tutti per rigenerarsi e riabilitarsi. Primo fra tutti Maroni, con l’inevitabile compiacimento leghista di un uomo del Nord contro il Sud: onesti lavoratori a Varese, mafiosi e criminali a Palermo.
Nessun rispetto della verità. E siccome tutti sono uguali e tutti sono sospettabili, e tutti sono intercettati, adesso tocca a Napolitano. Così giustamente chiede Il Fatto.
Si cominciò con Andreotti e nessuno, se non il papa (ed io) puntammo sulla sua innocenza (d’altra parte, mai, sino in fondo, riconosciuta).
E, senza alcun rispetto di vero e falso, si continuò con Musotto, Mannino, Cuffaro, non risparmiando le forze dell’ordine, anch’esse amiche della mafia, il generale Mori, il Capitano Ultimo, il Tenente Canale. Adesso Mancino. Alcuni assolti, alcuni ancora sotto processo. E si arriva oggi a Napolitano. Perché Napolitano no? Salvatore Borsellino con il suo solito equilibrio, arriva a chiederne l’impeachment. D’altra parte, suo nipote Manfredi, poliziotto a Cefalù, tentò in ogni modo d’impedirmi di ripetere le belle parole della moglie del magistrato ucciso, Agnese, che senza, pregiudizi antimafiosi e senza interessi a carriere politiche, come la cognata Rita, in visita a Salemi dichiarò: «Sono commossa da questa accoglienza. Come siciliana sono felicissima della scelta di Sgarbi che da Nord ha scelto di fare il sindaco in una cittadina siciliana. Credo che non l’abbia fatto per curare la sua immagine perché non ne ha bisogno; vedo nel lavoro di Sgarbi un’azione missionaria. Sono convinta che, grazie anche lui, comincerà una nuova stagione. È stata scelta una persona che viene da lontano, per far sì che, non con le chiacchiere ma l’azione, e soprattutto il linguaggio eterno dell’arte, si possano trasmettere valori positivi. Auguriamoci ci siano tanti Vittorio Sgarbi che possano portare qualcosa di nuovo in altre realtà della Sicilia».
Non l’avesse mai fatto. Fu, persino lei, costretta a pentirsene. Questo è il metodo. E di questo metodo è vittima oggi Napolitano. Le intercettazioni travolgono anche lui. Era inevitabile, avendo egli scelto, anche come presidente del Csm, di non porre la questione morale che la lotta alla mafia è essenziale dove la mafia c’è, ma diventa un peggior crimine quando la mafia si inventa. Un discrimine essenziale, al quale Napolitano si è sottratto. Compito del Presidente sarebbe dovuto essere, ed è ancora, distinguere tra un’autentica e disinteressata antimafia che persegue reati e criminali veri, e un’antimafia ideologica, di propaganda, dietrologica, che va a cercare inesistenti patti tra Mafia e Stato per colpire Berlusconi attraverso il falso pentito Ciancimino, travolgendo tutti: Conso, Scalfaro, Mancino. E oggi Napolitano. Giudicando «interferenza», peraltro molto timida, il tentativo di ristabilire l’equilibrio tra una parte e l’altra, ed evitare che politica e mafia si facciano coincidere come si volle nella Commissione Antimafia presieduta da Violante, quando si stabilì che Dc e mafia coincidevano erano la stessa cosa. Pochi ricordano che fu Clemente Mastella a introdurre con un rigurgito di orgoglio, l’emendamento che sostituì la Dc come intero partito con alcune sue correnti. E da qui derivò l’incriminazione di Andreotti. Anni di finzione, di ipocrisia, di invenzione di mostri. E si arriva a Salemi.

Perché con le stesse condizioni politiche e gli stessi personaggi, per più di 20 anni attivi, e anche tutt’ora, nel territorio di Trapani, si decide di sciogliere il Comune soltanto negli anni della mia sindacatura ?
Adesso che tocca a lui, Napolitano capirà ? O vorrà ancora legittimare la menzogna ? E anche per lui, come per tutti in assoluto, meglio una verità difficile che essere vittima di una menzogna di comodo. Onore al ministro Mancino. Onore al Presidente Cuffaro. Onore al Presidente della Repubblica Napolitano.

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