Colpisce a morte il padre Poi tenta il suicidio gettandosi dalla finestra

L’altra sera ha scosso l’intero vicinato quando si è affacciato al poggiolo chiamando la madre morta un paio di anni fa. «Mamma ti voglio bene» ha urlato fino a quando il padre è riuscito a calmarlo e riportarlo dentro. Poi una nuova crisi, il papà tenta nuovamente di calmarlo e lui perde la testa e lo uccide. Quindi si getta dal terrazzino, rompendosi una gamba. Se il perché è chiaro, una sistema nervoso troppo fragile, resta da chiarire il come e il quando l’abbia ucciso. Ma questo è ormai rinchiuso nella sua testa e chissà se mai qualcuno riuscirà a farglielo dire.
Massimo Maggi, 41 anni, soffriva infatti di gravi disturbi psichici almeno dall’adolescenza. Un male oscuro che l’ha divorato e gli ha impedito di farsi una famiglia e trovare un lavoro stabile. Ne cambiava molti perché spesso doveva smettere per entrare in cura. Ma quando stava bene si applicava, cercava una vita normale e soprattutto un impiego. L’ultimo nella segreteria di una scuola di lingue in via D’Annunzio. Se lo ricordano bene i vicini di via Moncucco 44, un stabile di nove piani realizzato nell’82. I Maggi, papà Angelo, del ’34, la moglie e due figli Massimo e Maurizio di 47 anni, furono tra i primi a entrare, appartamento al primo piano. Dagli anni ’80 il piccolo inizia a soffrire di disturbi nervosi e la famiglia si stringe unita attorno a lui.
«Sempre curato, sbarbato e ben vestito, si vedeva che a casa era seguito con grande affetto» commenta una vicina. Un’attenzione che, abbinata alle cure mediche, mantiene sotto controllo la malattia. Con gli anni Maurizio si trova una compagna, si sposa e va a vivere per conto proprio. Nel 2008 la situazione precipita: la signora Maggi muore consumata da un tumore. Ed è un colpo durissimo per il ragazzo, ormai fattosi uomo: il suo equilibrio psichico subisce una nuova scossa. Sempre più frequenti le crisi che il padre cerca di tamponare in qualche modo. «Era molto deperito dopo la morte della moglie, tutto il peso del figlio ricadeva ormai sulle sue spalle». Angelo comunque sembra risalire la china. Inizia a frequentare il centro anziani anche se, quando trova i vicini per le scale, scuote la testa e, alludendo al figlio, sospira: «Ci vuole tanta pazienza».
Ieri mattina l’epilogo. Alle 13.37 un inquilino chiama il 118: «C’è un uomo sanguinante e ferito in cortile». Dopo pochi istanti un’ambulanza raccoglie Massimo con una gamba rotta e lo porta al San Paolo, dove verrà calmato da una dose tripla di sedativo. Arriva anche la polizia, gli agenti salgono al primo piano e qui scoprono il corpo dell’anziano in un lago di sangue. Con ogni probabilità il padre ha cercato di tranquillizzare il figlio durante una fase acuta della crisi e lui l’ha ucciso. Resta da capire quando, forse già l’altra sera, forse ieri mattina, e come.

Non è stato trovato alcun corpo contundente per cui forse gli ha sbattuto la testa contro il pavimento magari mentre gli serrava la gola con le mani. Dettagli chiusi nella mente di Massimo e che forse solo l’autopsia riuscirà a chiarire.

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